facciamo il Punto
...per tornare al sito clicca qua mondomilanday.it.gg


del 18/12
E se Becks cadesse a fagiolo?
A gennaio sarà a disposizione di Leonardo anche David Beckham. Un arrivo di spessore, soprattutto per quanto dato dall'inglese lo scorso anno.
Ma Becks serve davvero? In questo modulo è destinato a trovare un posto?
Lui è un centrocampista di livello che sa giocare in tutte le posizioni del centrocampo a 4 e del centrocampo a 3, fatta eccezione per le posizioni defilate a sinistra.
Il suo ruolo ideale da ala destra vecchio stile si è evoluto in quello di mezzo destro, capace di presidiare con grande presenza e personalità il settore di centro-destra del centrocampo.
Ad oggi nel centrocampo a due del Milan di ultima versione, Beck potrebbe trovare posto soltanto al posto di Ambrosini o al posto di Andrea Pirlo.
Difficile pensare che Leonardo possa rinunciare ad un mediano di sostanza a beneficio di un giocatore che ha si una buona fase difensiva ma non nasce concettualmente come giocatore difensivo; altrettanto difficile, forse di più, immaginarlo nel ruolo di Pirlo, dato che il bresciano conosce a menadito i ritmi e i tempi di gioco della squadra e senza di lui la palla gira sempre lenta e si attacca con fatica. Catania docet.
Affascinante ma quasi ai limiti dell'utopia campanelliana immaginare un Beks improvvisato nel ruolo di terzino destro. Idea questa lanciata da Sconcerti qualche settimana fa in un post partita domenicale, più provocatoria che altra ma che al momento non sembra poter trovare attuazione.
Rebus sic stantibus, lo spazio per l'inglese potrebbe essere poco.
Ma esiste sempre l'opzione di creare un modulo alternativo, da variare con quello attuale, vera sfida per i prossimi sei mesi.
Conosco alcune obiezioni in merito. Quando un allenatore trova la formula giusta difficilmente cambia.
Io però credo che continuare a giocare col 4-2-fantasia fino a maggio senza variare mai uomini e modulo sia come sfidare la sorte in maniare impavida.
Abbiamo dei ricambi di livello ma che nel nostro attuale sistema non hannon un ruolo e non possono rendere al meglio.
Quindi perchè non sfruttare l'arrivo di Bechkam per lavorare su un sistema di gioco meno disequilibrato e maggiormente capace di sfruttare l'intera rosa a disposizione, dando ad alcuni uomini chiave l'opportunità di riposarsi?
Nulla di più e nulla di meno di ciò che avvenne tre anni quando vincemmo poi la coppa ad Atene.
Dopo Malta Ancelotti lavorò su due moduli diversi. In coppa si giocava con l'alberello, con Seedorf trequartista dietro Kakà e Inzaghi, mentre in campionato in molte partite usavamo un modulo più spregiudicato con Kakà più Ronaldo e Gilardino.
La media punti del Milan in quel girone di ritorno fu ottima, e i risultati in coppa da delirio.
Oggi per sfruttare al meglio una rosa di buon livello, ma non eccelsa, io credo che la soluzione sarebbe quella di un 4-4-2 classico.
Bechkam, Jankulovsky e Huntelaar sarebbero i giocatori che trarrebbero maggiormente benefici da questa opzione e ci consentirebbero di avere alcuni uomini chiave come Seedorf, Borriello e Ronaldinho più freschi in occasione del doppio impegno campionato-coppa.
Da pensarci secondo me. Ma la palla è di Leo. Sceglie lui.
----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 11/12
Trovare un modulo alternativo: esigenza primaria
Zurigo conferma un dato: il Milan di Leo soffre le difese chiuse nonché i movimenti ad aggredire degli attaccanti esterni.
La prova di martedì, di certo incolore, ha evidenziato si un approccio sbagliato alla partita, ma anche un problema tattico di cui sarà bene tener presente la portata.
Era comunque inevitabile tutto questo.
Basta rammentare il rombo ancelottiano con tratti albereschi del 2002 che stupì l’Europa, salvo poi iniziare ad affrontare delle difficoltà in quanto gli avversari stavano trovando delle contromisure.
Il calcio, purtroppo e per fortuna, si evolve ad una rapidità impressionante.
Studiare le squadre avversarie oggi è diventato più semplice e più facile, vista la gamma innumerevole di mezzi di informazione che esistono.
Oggi come allora il problema è sempre lo stesso, ovverosia quello di allargare il campo con frequenza per evitare le marcature a uomo su Seedorf e i continui raddoppi su Dinho e Pato.
All’epoca il nostro problema lo risolse l’arrivo di Kakà nel 2003 che ci cambiò letteralmente la vita, adesso invece credo che a nostro supporto potrebbe giungere uno schema tattico alternativo.
Un 3-4-3 iper-offensivo con Beckham e Jankulovsky esterni di centrocampo sarebbe idea tutt’altro che peregrina in certi match dove serve allargare il campo coi movimenti senza palla ed è necessario avere giocatori capaci di essere pericolosi anche con i cross dalla mediana.
Beck e Janku hanno questo tipo di caratteristiche e il loro gioco, risulterebbe funzionale ad una precisa e ovvia esigenza della squadra.
Chiaramente con questo tipo di modulo alternativo riposerebbero per ovvi motivi Zambrotta, Seedorf e qualcun altro, ma se vogliamo portare a fondo la stagione dobbiamo entrare nell’ottica per cui certi sacrifici sono indispensabili.
L’esigenza primaria della squadra è proprio quella di un modulo alternativo che riesca a darci caratteristiche che non abbiamo e che ci permetta di sfruttare al meglio quelle che sono le risorse effettive di tutta la rosa a disposizione.
Serve però un po’ di coraggio nuovo da parte di Leo, ultimamente un po’ troppo legato alla sua creatura tattica.
Non è il caso di diventarne schiavi.
Il calcio si evolve troppo velocemente per pensare di aver trovato la formula giusta.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 04/12
     Il secondo posto ci gratifica di un filotto di partite importante, fatto di risultati e gioco a volte spumeggiante. La possibilità inoltre di aumentare il margine di distacco dalla quarta posizione, ovverosia la Champions non diretta, rappresenta un'opportunità da sfruttare.
Nonostante la striscia positiva il nostro attuale momento non è brillantissimo. Siamo reduci da una partita dura e non spettacolare col Marsiglia e da una gara decisamente brutta col Catania, in cui i tre punti sono stati per noi un premio oggettivamente eccessivo.
Il calcio dà e il calcio toglie però. E così capita di passare settimane senza ricordare più cosa sia il dolce sapore di un gol, col retrogusto di esultanza, mentre domenica ci sono bastati due minuti per farne due.
E' il fascino e l'imponderabilità che rende questo sport magnifico.
Ma non siamo al meglio delle forma e non potrebbe essere altrimenti visto che la rosa attuale offre a Leo oggettivamente poche possibilità di alternative ai titolari.
Urge trovare una quadratura e una forza diversa nelle prossime 3-4 partite, in attesa che a gennaio qualcosa si muova sul fronte mercato.
Non ci servono nomi roboanti, ma un buon terzino e una punta esterna che possa far rifiatare quando è il caso uno tra Dinho e Pato.
Nell'attesa sabato sera ci troveremo davanti una Samp in panne, reduce da un derby terribile e da un periodo generale non buono, una partita insomma da giocare con coraggio e con la gran voglia di aggredire subito un avversario si di valore ma molto in difficoltà.
Spero comunque che Leo continui a insistere su Abate terzino destro e che Borriello continui ad essere titolare, dato che al momento il suo apporto è indispensabile per la squadra.
Huntelaar non era un brocco quando l'abbiamo preso e lo ha dimostrato domenica, ma in questo sistema di gioco secondo me ha poco senso come titolare perchè le sue caratteristiche non si sposano coi movimenti di Pato e Dinho.
----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 27/11
Una serata sofferta e alcuni interrogativi irrisolti
Descrivere Milan Marsiglia per chi è tifoso dei colori rossoneri è impresa difficile perchè io personalmente ho vissuto in maniera molto sofferta e preoccupata la partita. Il Milan non era al meglio e il Marsiglia fisicamente ne aveva più di noi, che a centrocampo lasciavamo praterie enormi ma non riuscivamo a ripartire con l'efficacia necessaria e consueta delle partite precedenti.
Tutto normale, ci sta un pò di stanchezza dopo un ciclo di partite importanti, sarebbe opportuno però prenderne atto e non giocare sempre le palline alla roulette russa del destino, soprattutto in Champions dove una sconfitta può essere irrecuperabile.
Il famoso "4-2-fantasia" ci ha tirato fuori da una botola di oblio nella quale ci eravamo immersi, quasi incapaci di determinare il nostro destino. Giusto che questo sistema sia pertanto la base del Milan stagionale, assurdo pensare che possa essere l'unico modulo in tutta la stagione.
Leonardo è persona ragionevole e di buon senso e non credo che si rifiuti di prendere in considerazione l'età media della squadra, l'usura di certi uomini chiave, l'assenza di alternative a Pato, tutte controindicazioni per l'utilizzo continuo e spregiudicato di questa formula a metà tra il Telè Santana brasiliano e la tradizione zemaniana del decennio passato.
Si rischia tanto quando si sta bene ed allora lì il gioco può valere la candela, ma quando la condizione cala bisogna affidarsi ad altre qualità, quindi a formule tattiche meno spettacolari ma più imperniate sulla compattezza e sulla praticità.
Il che non significa assolutamente iniziare a speculare sul non gioco o su soluzioni catenacciare, bensì scegliere opzioni tattiche sempre offensive ma non spregiudicate.
Non vorrei che Leo avesse preso il difetto del buon Alberto Zaccheroni che nel corso del suo triennio scelse il suo modulo di riferimento e non lo cambiò praticamente mai, nonostante in certi momenti quella difesa a tre sembrasse azzardata e un attaccante in meno a scapito di un regista di centrocampo rendesse la manovra più razionale, permettendo alla squadra di stare meglio in campo.
Leo deve entrare nell'ottica che all'interno della rosa ci sono risorse e disponibilità per avere delle soluzioni alternative, ma deve farlo in fretta, perchè non sempre gli episodi ci saranno amici come ieri sera.
---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 20/11
Bisogno di conferme
L'ultima settimana di allenamenti in casa Milan porta con se prospettive di fiducia in vista della ripresa del campionato che si preanuncia ardua e difficile sotto molti punti di vista.
Il Milan è chiamato infatti a confermare e dare sostanza al miniciclo di sette risultati utili inaugurato dall'intervallo di Milan Roma in poi.
Non sarà impresa facile perchè in Italia gli avversari studiano sempre molto bene mosse e contromosse per rendere inoffensive e vane le nuove novità tattiche e noi non verremo certamente dispensati.
Di buono c'è che aumentano le alternative. Riavere a disposizione, finalmente, Bonera, rappresenta un valore aggiunto per noi. Il buon Daniel infatti è il perfetto terzo centrale in questa rosa, capace di giocare in coppia sia con Nesta che con Thiago, dando la possibilità ogni tanto ad uno dei due di rifiatare.
Inoltre può ricoprire anche il ruolo di esterno difensivo considerato anche che ciò che Leonardo chiede ai suoi terzini ultimamente è il presidio della propria zona di competenza senza particolari, se nn sporadiche, sortite in avanti.
Col rientro di Gattuso a centrocampo invece aumentano le alternative in mediana, dove il prode Ambrosini prima o poi avrà bisogno di tirare il fiato e dove non scarterei assolutamente due giocatori di fatica davanti alla difesa liberando Pirlo più avanti nel ruolo adesso ricoperto da Seedorf.
Una soluzione quest'ultima figlia del pragmatismo, in quanto è necessario far ruotare tutta la rosa nel prossimo mese, ma figlia anche di un minimo di saggezza dato che pensare di arrivare a fine stagione con questa formula senza apportare qualche correttivo può sembrare una scelta un pò irreale.
In avanti auspico a questo punto che venga data fiducia vera a Borriello come titolare, sia perchè se lo è meritato, sia perchè non amo molto il turn over offensivo concernente il centravanti che deve invece essere quanto più possibile coinvolto nel gioco e nelle scelte della squadra.
Mi auguro poi che le professionalità e le energie di Abate ed Antonini vengano tenute nella giusta considerazione da Leo, dato che si tratta di giocatori veri, che hanno gamba e che quando sono stati chiamati in causa hanno sempre risposto alla grande.
In particolare Abate mi piacerebbe vederlo titolare come terzino destro, la base atletica è buonissima, deve solo migliorare alcuni aspetti tecnici come la capacità di crossare in corsa e l'uso del sinistro.
Ci aspetta un mese di fuoco dunque, non sarà semplice perchè adesso non c'è più l'effetto novità, ci vorrà impegno, dedizione, umiltà e determinazione, unite a una continuità di rendimento che è stata il nostro vero tallone d'Achille degli ultimi anni.
---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 13/11
Il nostro reale potenziale e le nostre scelte future
Leonardo è riuscito con passione e competenza ad inventare uno schema tattico che sta portando a dei risultati importanti e che sta facendo venir fuori le qualità che, senza dubbio, questa squadra aveva.
Un Milan che l'anno scorso arriva praticamente secondo e che aggiunge alla rosa dell'anno passato Nesta e Thiago Silva, pur perdendo dolorosamente Kakà, non poteva essere diventato improvvisamente una squadra di mezza classifica.
Certo l'assenza del miglior giocatore del mondo pesa, tantissimo anche, ma la squadra comunque aveva dei valori e delle qualità che prescindevano dal magico 22.
Resta però, forte e consolidata, una distanza incolmabile in Italia che è quella con l'Inter.
Non tanto sul piano della tecnica pura, dove onestamente poche squadre ci possono essere concorrenti, quanto sul piano della fisicità, della vasta gamma di soluzioni e scelte, della forza e della potenza.
L'Inter in Italia è prima da 4 anni perchè ha saputo costruire squadre prepotenti e di sostanza con giocatori che nel lungo periodo gli garantiscono continuità e resa, senza magari picchi eccelsi.
Il campionato è una lunga corsa a tappe, paga la regolarità, e la nostra rosa in questo specifico punto ha dei difetti sia strutturali che mentali che nel prossimo futuro vanno limati.
Il problema non è tanto lo svecchiamente, processo inevitabile che nei prossimi due anni dovrà essere portato avanti per forza di cose, ma l'idea di squadra e di impostazione tattica che fa da presuppposto alle operazioni di svecchiamento.
Per vincere lo scudetto in Italia al Milan di oggi mancano 3 giocatori che cambino la percezione d'impatto e le alternative di gioco della rosa.
Dzeko, Bale e Krasic, tanto per fare tre nomi, sarebbero tre elementi in grado di dare al nostro organico quella linfa nuova, vitale, che già quest'estate sarebbe stato necessario aggiungere.
Il Milan non deve cambiare indirizzo o filosofia, deve solo adeguare canoni assoluti a esigenze di campo. Il bel gioco, la tecnica sono tutti marchi assoluti della mission berlusconiana ma rischiano di divenire concetti vuoti se non sono supportati da quella giusta dose di fisicità, corsa, potenza e prepotenza di cui il calcio moderno si ciba insaziabile.
L'innovazione non nasce dall'improvvisazione ma dalla consapevolezza di poter migliorare lo status quo.
--------------------------------------------------------------------------------------------------
del 06/11
L'inversione di tendenza
I numeri spesso sono capaci di fotografare in maniera chiara e trasparente quella che è una realtà, dandole un'immagine concreta, rendendola più fruibile e schematizzabile.
Non sempre danno una verità assoluta, ma le indicazioni che i dati numerici ci danno hanno un'attinenza oggettiva ed obiettiva che non è possibile negare.
L'inversione di tendenza di quest'ultimo periodo è abbastanza evidente. Il Milan ha infatti realizzato ben 12 gol in 6 partite subendone invece 7.
Se confrontiamo questo dato con lo score precedente a Milan Roma, ovverosia 6 gol fatti e ben 8 subiti in 7 gare, risulta chiarissimo come la nostra fase offensiva abbia subito una rivoluzione a 360 gradi in quanto abbiamo più che raddoppiato i gol fatti.
La costante negativa resta la media di un gol a partita, decisamente troppo per una squadra che può schierare la miglior coppia centrale del campionato. E' anche vero però che le scelte coraggiose di Leonardo delle ultime settimane vanno in una direzione di rottura con le vecchie logiche del calcio italiano speculatore e tatticista.
Se si sceglie infatti di fare una fase difensiva a 6/7 giocatori lasciando 3/4 giocatori sempre davanti si accetta il rischio di poter subire gol e si opta per praticare un calcio d'attacco che faccia pochi calcoli ma abbia l'obiettivo di fare sempre un gol in più dell'avversario.
In alcuni piccoli particolari si nota proprio la scelta quasi ideologica di Leonardo. Contro il Parma sabato scorso, in vantaggio di un gol a 10 minuti dalla fine toglie Seedorf per inserire Flamini e invece di passare come prevedibile al centrocampo a 3, avanza Pirlo nel ruolo di Seedorf e mantiene il suo modulo, ossia il 4-2-1-3.
Martedì invece contro il Real a 10 minuti dalla fine, col risultato di 1-1 che poteva anche starci bene, effettua il primo cambio facendo uscire Borriello per Inzaghi. Fuori una punta e dentro un'altra punta, chiaro segnale alla squadra che si deve continuare ad attaccare e a cercare il gol.
Questa scelta di campo netta e forte da parte di Leonardo merita rispetto anche se, personalmente, credo che nel prosieguo della stagione ricorrere al doppio mediano davanti alla difesa sacrificando uno tra Seedorf e Pirlo potrebbe essere una scelta saggia sia per amministrare le forze della rosa non amplissima, sia perchè sui campi invernali duri e ostici un pò di sana fisicità e un pizzico di dinamismo in più a scapito di un pò di talento sarebbero nettamente preferibili.
----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 30/10
Scenari e sbocchi futuri
L'amarezza del risultato di Napoli porta con se delle considerazioni a pioggia che pongono intriganti interrogativi a fronte di alcuni dati di fatto abbastanza assodati.
Il Milan di oggi, nella nuova veste cucitagli addosso da Leonardo negli spogliatoi di Milan Roma alla fine del primo tempo, non è una squadra equilibrata.
Potremmo definirla una forma armonica di disequilibrio tattico che trova i suoi punti cardinali e le sue coordinate stabilizzanti solo in presenza di alcune condizioni fondamentali, ossia la capacità di stare corti in campo, il riuscire a correre assieme, la possibilità di gestire il ritmo del gioco.
Quando una di queste tre precondizioni viene meno, di solito iniziano a barcollare anche le altre due, legate a filo doppio l'una con l'altra.
Il Milan di oggi è un'alchimia affascinante che vive sul contrasto fascinoso della sua storia e del suo blasone, miscelata sapientemente a tratti di modernità e novità, rappresentati dalla crescita di Pato, dal vigore di Thiago Silva, dall'esuberanza di Abate.
Ma tutto questo ad oggi rappresenta soltanto un'idea in divenire, un progetto nato dall'ingegno di Leonardo ma che ha bisogno di investimenti mirati per alimentarsi e crescere, soprattutto in quei settori del campo dove il vigore atletico deve necessariamente farsi sentire.
E' indubbio che la produzione offensiva di questo nuovo Milan sia notevolmente più corposa sia come gol fatti che come occasioni create.
E' altrettanto indubbio che questo scintillante e affascinante disequilibrio è un rischio che alla lunga può rivelare incresciosi imprevisti data la continua sollecitazione a cui è sottoposta la difesa e il livello di rendimento che chiediamo al nostro centrocampo, fatto di giocatori esperti e dalla carriera logorante, ad eccezione del buon Flamini.
Siamo a un bivio tecnico in cui la società è chiamata a fare delle scelte importanti di supporto e di rivitalizzazione della squadra. Se così non succedesse nei prossimi mesi, l'acume e l'ingegno di Leonardo rischierebbero di risultare vani o al più resterebbero semplicemente un misero palliativo per una parte di stagione da raddrizzare.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 23/10
Quel sottile filo invisibile
L'attimo che segue il fischio finale dell'arbitro è l'istante che avrei voluto fermare ieri sera. E' stato un momento magico, nel quale una sensazione di leggerezza quasi aulica ha attraversato il mio cuore, rendendomi felice come un bimbo di fronte ai regali di Natale.
Dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno. Recita così il 5 maggio manzoniano, vero e proprio richiamo poetico di riferimento delle sensazioni di ieri sera. La fiducia iniziale che si tramuta in sconforto dopo l'enorme papera di Dida, l'urlo di vita al gol di Andrea, l'estasi al raddoppio di Pato che viene smorzata terribilmente dal tiro di Drenthe. Poi quegli istanti finali di follia con gol annullato a Silva fino al 3-2, che mette quasi paura perchè lì ti rendi conto di essere a un metro dall'impresa.
Un metro solo, l'ultimo da percorrere, prima di compiere un'impresa epica nei 110 anni di storia milanista. Un metro fatto di 5 lunghi minuti che scorrono lentissimi, quasi cadenzati, in cui ti aggrappi con tutte le tue forze ai centimetri e alla reattività di Nesta e di Thiagone.
Quel metro finale ha il dolce sapore dell'attesa che non ti sai spiegare, ma che ti mette adrenalina. E' in quel metro che si nasconde quel filo invisibile nel quale ci sono tante storie, diverse e distinte, quella di Oddo, ripescato senza un perchè e autore di una prestazione sontuosa, quella di Nesta che sembra tornato ai livelli dei suoi primi trascorsi rossoneri dopo un calvario di un anno, quella di Pato che decide di diventare cigno nella serata più importante, quella di Pirlo e Seedorf, sempre tanto discussi, ma in Europa sempre decisivi e uomini chiave sul piano della personalità e del carisma.
Il filo scorre, continua la sua ascesa fino a quel fischio liberatorio che sancisce l'infinito.
Che peccato non fermare quell'attimo.
---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 16/10

Siamo una delle squadre più lente e prevedibili della serie A.
Questo dato di fatto spiega in larga parte le nostre attuali difficoltà offensive, di cui gli attaccanti sono più vittime che colpevoli.
In una squadra di calcio i tempi tecnici con i quali si costruiscono le azioni e con i quali si gestiscono le ripartenze sono fondamentali. Meno tempo si impiega a portare il pallone dalla propria metà campo sino all'area di rigore avversaria, più possibilità ci sono di segnare.
Nel Milan di oggi questa lentezza cronica condiziona pesantemente la nostra pericolosità offensiva e alla lunga finisce per toglierci autostima e convinzione.
I motivi di questa lentazza sono in parte strutturali e in parte tecnico-tattici.
E' più che evidente che Kakà in questi anni ci abbia viziato talmente tanto che nel momento in cui se ne è andato ci ritroviamo privi di certezze tecniche in campo, dato che Ricky era colui che accelerava il gioco e che sapeva creare la superiorità numerica.
Pensare però di risolvere i nostri problemi solo con una migliore condizione fisica è utopistico: il Milan ha troppi giocatori titolari che sono poco dinamici, che vogliono il pallone sui piedi e questo genera quasi sempre una ragnatela di passaggi stucchevole, un possesso della sfera strettamente inutile e inoffensivo, incapace di verticalizzare nel modo giusto l'azione.
Se il centrocampo non cambierà strutturazione sarà molto difficile invertire questo trend. E' il momento di scelte meno gerarchiche e più basate sul merito e sulle esigenze tecniche effettive della squadra.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 09/10
Quo vadis Leo?
Leonardo ha tutte le attenuanti di questo mondo in questa stagione tribolata e tormentata. Aveva chiesto un terzino, un centrocampista bravo a inserirsi, un centravanti come Dzeko e sull'altare di queste richieste ha accettato il sacrificio di Kakà, per avere una squadra nuova in parte a cui riuscire a dare una sua vera impronta.
Gli hanno preso solo Huntelaar e la squadra è la stessa dell'anno scorso senza la sua stella più grande.
Leo quindi non ha una squadra da scudetto, ma un collettivo con molta qualità tecnica individuale, tuttavia male assortito, con molti doppioni e con tanti giocatori che il meglio della loro carriera lo hanno già superato.
Ritengo però che questo Milan, pur non eccelso, qualcosa in più possa fare se ci si rende conto di alcune cose fondamentali.
1) Nel calcio moderno fatto di corsa e giocatori bravi ad attaccare gli spazi, presentare in campo una squadra con Pirlo, Seedorf e Ronaldinho è un'impresa quasi titanica. Si tratta di tre giocatori tecnicamente indiscutibili ma poco dinamici, tutti accentratori di gioco e desiderosi di ricevere il pallone sui piedi. Per esaltare uno di questi tre giocatori sarebbe necessario metterlo in un contesto di squadra fatto di podisti e di giocatori che giocano molto senza palla.
2) Huntelaar non è un oggetto nascosto venuto da Marte, ma un centravanti d'area di rigore che necessita del gioco della squadra per esaltarsi. Questo Milan non ha un gioco vero perchè scende in campo con formazioni spesso diverse e a volte illogiche. Puntare su un modulo base con un solo modulo alternativo non sarebbe un'idea migliore?
3) I senatori hanno dato moltissimo a questa squadra ma hanno anche ricevuto molto. Se qualche scelta tecnica futura dovesse vederli fuori non è nè sarebbe uno scandalo ma solo appunto una scelta fatta per il bene della squadra. Meglio 30 partite distillate nel corso dell'anno piuttosto che 50 partite con la lingua a penzoloni.
Leo è disposto a cambiare?
----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 02/10
Vorrei porre una questione che da qualche giorno mi stuzzica. Non so se la mia ipotesi sia campata per aria o abbia qualche fondamento ma dopo il primo tempo di ieri in cui ho visto 11 giocatori che non correvano la domanda diventa scontata.
La squadra sta con Leo?
Secondo me no e spiego subito il perchè. Il predecessore di Leo, Ancelotti, negli anni era riuscito a creare un forte legame con lo spogliatoio, una specie di patto di sangue per il quale anche nei momenti difficili la squadra dava tutto quello che aveva per il suo tecnico. Prova ne è il fatto che Gattuso Pirlo e Kakà nello spogliatoio di Firenze sono scoppiati in lacrime quando Galliani ha annunciato che Ancelotti andava via.
Questa decisione non è mai stata pienamente capita ed accettata dal gruppo.
Ciò anche perchè al posto di Ancelotti, che i giocatori avvertivano come "uno di loro", è arrivato Leonardo, fino al giorno prima il vice di Galliani, ossia colui che rappresenta la società.
E' possibile dunque pensare che questa scelta sia stata vista come un'intrusione della società nella sacralità dello spogliatoio, come una forma di controllo sui giocatori, percepita come indebita e mai pienamente condivisa.
In una situazione di questo tipo l'allenatore può fare veramente poco, perchè la squadra potrebbe aver deciso di autogestirsi.
La mia è una semplice congettura ma non so quanto peregrina. Tempo al tempo comunque, la verità potrebbe presto venire a galla.
---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 25/09
L'Udinese era la squadra perfetta per giocare sulle nostre contraddizioni di squadra e così è successo. Siamo costruiti strutturalmente in maniera deficitaria sotto certi aspetti e quando si incontrano avversari che sanno giocare contro i nostri limiti prendiamo delle brutte imbarcate. E' già accaduto in passato, accadrà ancora in futuro perchè i nostri difetti sono congeniti a un'impostazione di squadra che ha delle lacune evidenti.
Il canovaccio di certe partite è sempre lo stesso da qualche anno, soprattutto nelle cosiddette trasferte difficili come Napoli nel 2008 che ci costò la Champions. Sembra un copione già scritto con i nostri avversari che ci aspettano, ci fanno fare la partita, ci aggrediscono in maniera mirata ribaltando il gioco repentinamente sul lato dal quale attacchiamo con il terzino che è salito.
Al Milan da anni servirebbe come il pane un centravanti fisico importante per poter portar su la squadra senza necessariamente dover salire coi terzini, ma di questo aspetto nelle ultime campagne acquisti non ci si è quasi curati. Ieri in occasione del gol l'errore più grave lo ha commesso Zambrotta che attacca la palla senza un'adeguata copertura alle spalle invece di temporeggiare, esponendo la squadra a una situazione di palla scoperta con Kaladze che è dovuto uscire (male) e Oddo non allineato per fare il fuorigioco.
Esiste poi un capitolo nuovo, a parte, chiamato Pato. Nell'attuale strutturazione di squadra il brasiliano dovrebbe fare la differenza sia come gol che come voglia di trascinare la squadra. La differenza finora l'ha fatta, ma in negativo, con le ultime due prestazioni ai limiti della comparsata. Giocare male può succedere, giocare solo per se stessi, senza pensare alla squadra e perdendo palloni in quanttà industriale non dovrebbe succedere.
---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 18/09

Una base su cui costruire
L'indispensabile e fondamentale vittoria di Marsiglia ci proietta inevitabilmente verso un interrogativo lapalissiano. Qual'è il futuro del Milan in questa stagione?
Va detto infatti che Marsiglia segna, a mio avviso, un punto di non ritorno per quello che concerne la gestione della squadra e dei suoi equilibri anche interni allo spogliatoio.
Com'era prevedibile il 4-4-2 è il modulo che più si adatta a questa squadra, alle caratteristiche dei giocatori in rosa, capace di dare il giusto equilibrio tra la fase d'attacco e la fase di non possesso palle, con Seedorf sempre pronto a scalare su uno dei due lati del centrocampo quando il pallone ce l'hanno gli avversari.
A preescindere se si gioca a rombo o con i 4 in linea, il centrocampo milanista, oggi come oggi, non può prescindere da 4 centrocampisti veri. A Livorno con tre giocatori che non facevano fase difensiva siamo andati incredibilmente sotto a centrocampo.
E' chiaro però che questo tipo di modulo impone delle scelte difficili e impegnative, come la non titolarità di Ronaldinho.
Oggi giorno però il calcio è fatto di corsa, di sacrificio, di umiltà e di abnegazione, tutte doti che al Gaucho sembrano mancare e il cui lussuoso utilizzo la squadra, al momento non sembra potersi permettere.
Il problema di questo schieramento sta nella sua longevità. E' praticamente lo stesso modulo usato dal Milan di Ancelotti negli ultimi anni, un modulo che i giocatori conoscono bene e che sentono proprio, nel quale i movimenti e gli automatismi sono quasi naturali. In questo modo però restiamo sempre aggrappati al nostro passato, senza evolverci.
Leonardo fin da subito aveva parlato di un modulo alternativo. Questo modulo però per un'infinita serie di ragioni, non è stato possibile nè provarlo, nè abbozzarlo e siamo costretti ad andare avanti con uno schema che, al momento, è l'unico possibile. Il rischio che corriamo nel lungo periodo è che questo modulo diventi la nostra coperta di Linus.
Ed è un rischio che non dobbiamo correre perchè il calcio è fatto di continue novità mentre noi siamo fermi alle novità del gennaio 2007 quando Ancelotti decise di liberare Seedorf come trequartista.
E' indispensabile insomma che Leo lavori su una base tattica alternativa da proporre magari tra qualche mese. L'attuale 4-4-2 ci aiuta a superare questo momento di crisi e a fare punti nell'immediato ma non può rappresentare il nostro futuro.
----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 10/09
Che senso ha spendere 15 milioni di euro per un centravanti se poi non si punta su di lui?
E' questo il dilemma che riguarda la posizione di Klaas Jan Huntelaar.
L'unico colpo dell'estate milanista finora non sembra godere dell'attenzione necessaria. La manciata di minuti che gli è stata concessa di giocare nel derby a risultato già acquisito per l'Inter, ha avuto il sapore quasi del contentino per l'olandese.
Ma se Huntelaar doveva essere un di più tanto valeva non comprarlo. Visto che ci si è dati una linea finanziaria di rigore, evitare gli sprechi mi sembra un obbligo ed acquistare un attaccante come Huntelaar per non considerarlo poi un titolare mi pare quasi un modo per autosmentirsi da soli.
Oltretutto il ruolino di marcia dell'olandese è impressionante. Ha una media gol in carriera di 0,70 a partita, che addirittura sale a 0,73 se si considerano gli ultimi cinque anni nei club. Ha solo 26 anni ed ha qualità importanti sia a livello acrobatico che a livello di movimenti offensivi.
Un ruolino di di tutto rispetto e con pochi pari in Europa, certamente non paragonabili a quello del buon Marco Borriello, che pur avendo un anno in più di Huntelaar non ha mai segnato caterve di gol, fatta eccezione per il periodo genoano.
E' anche vero che Borriello garantisce un sacrificio e una fase difensiva assolutamente superiori ad Huntelaar, utili e funzionali al gioco di Ronaldinho, ma a questo punto la domanda sorge spontanea: che senso ha spendere 15 milioni, in un momento di crisi come questo, per prendere un giocatore sul quale non si vuole puntare davvero?
A questo punto sarebbe stato molto più intelligente spendere quella cifra per Cissokho, vista la nostra carenza sulle fasce laterali, e restare con i soli Borriello e Inzaghi davanti, magari trattenendo Paloschi come quarta punta.
Io sono del parere che questo Milan abbia un problema tattico, perchè due fonti di gioco statiche in campo (Pirlo e Ronaldinho) in un calcio dinamico come quello moderno, sono un lusso troppo grande. Ma questo lusso non deve diventare il pretesto per accantonare Huntelaar, sia perchè il ragazzo è di valore, sia perchè è stata spesa una cifra importante per il suo cartellino. Il 4-4-2 a mio parere sarebbe la soluzione più equilibrata per questo Milan convalescente del post Kakà ma arriveremo mai a questa scelta di rottura col vecchio modulo?
-----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 04/09
E’ ufficiale, non esiste un progetto tecnico dietro il mercato del Milan. Gli indizi c’erano tutti durante l’estate, ma adesso il sospetto si è concretizzato in amara realtà.
Tutto parte dalla cessione di Kakà.
Argomento delicato, scottante, non certo semplice dal punto di vista affettivo.
Lo si può affrontare da due diversi punti di vista, entrambi legittimi.
Dal punto di vista strettamente sentimentale Kakà non è sostituibile, non andava ceduto, un simbolo come lui, nel pieno della sua maturità tecnica doveva continuare ad essere la guida del Milan.
Esiste però anche un altro punto di vista, più razionale, meno legato a questioni emotive e più riconducibile al concreto: si può fare a meno di Kakà per costruire una squadra migliore, per avere un progetto tecnico.
Ma questo progetto esiste?
Purtroppo non esiste e se è esistito è stato abortito sul nascere.
La prima idea, mentre si ponderava la cessione del numero 22, è stata quella di riportare a casa Gourcuff, prendere Dzeko e investire una cifra importante su Cissokho. Tre giocatori di prospettiva, da ciclo, sui quali innestare un processo di rinnovamento, insieme ai già ottimi Pato, Flamini e Thiago Silva.
Saltate per ragioni diverse queste tre operazioni si è iniziato a barcollare nel buio, senza una linea tecnica precisa, passando da idee estemporanee, Luis Fabiano, a tentazioni a costo zero, Cruz e Trezeguet.
Una linea vera il mercato del Milan l’ha avuta, ma è stata solo ed esclusivamente finanziaria. Salvaguardare il bilancio, non innalzare i livelli di spesa, tentare di piazzare giocatori con la pancia piena ma dall’ingaggio pesante e fuori mercato.
Tutti tentativi vani, con la montagna presidenziale che alla fine ha partorito il topolino olandese. Per carità grande centravanti Huntelaar ma più simile a un Inzaghi che a un Milito. Vive cioè del gioco della squadra, un gioco che il Milan deve trovare con gli stessi uomini dell’anno scorso, fatta eccezione proprio per l’olandese e Thiago Silva.
Schiavi di queste contraddizioni abbiamo anche esultato per la conferma di Pirlo, senza capire che in una squadra che si pone l’obiettivo (Leo dixit) di giocare più veloce e con maggior dinamismo, due accentratori di gioco come Andrea e Ronaldinho sono una contraddizione in essere.
Il problema sta a monte quindi, in un progetto tecnico che non esiste ed in una rosa al momento ampia ma male assortita, se si pensa che abbiamo 6 difensori centrali per 2 posti e solo 4 centrocampisti per 3 posti.
La realtà in cui ci troviamo è questa e sarebbe utile e importante capire quali sono gli obiettivi e i programmi della società nei prossimi mesi. Ammesso che esistano.
----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 28/08
Un derby alla seconda giornata, per di più sul finire del mese del sol leone, assume una veste alquanto atipica, strana, soprattutto per un pubblico tradizionalista come quello italiano.
Ma l’assenza delle teste di serie nel sorteggio ha portato a questa casualità.
Si confrontano due squadre che giocano praticamente allo stesso modo, ovverosia con il 4-3-1-2.
Tale modulo richiede una totale applicazione da parte della squadra che lo adotta, essendo i tre uomini oltre la linea della palla un lusso che nessuna squadra può permettersi, senza adeguati equilibri e sacrifici.
E’ possibile fare un confronto tra le due formazioni adottando un criterio che tenga conto prima del rendimento globale delle ultime due stagioni dei giocatori e secondariamente del valore assoluto.
In porta prevale l’inter. Julio Cesar è senza dubbio il miglior portiere in circolazione, non solo in serie A, ma anche nel resto d’Europa. Onore all’Inter che lo ha pescato e valorizzato.
Anche sulle fasce la prevalenza è tutta nerazzurra. Maicon e Zanetti stravincono come rendimento su Zambrotta e Jankulovsky.
Al centro della difesa la coppia centrale del Milan è invece più affidabile di quella nerazzurra. Thiago Silva e Nesta sono due autentici muri e sembrano avere già trovato un’intesa di reparto che invece Samuel e Lucio ancora non sembrano aver trovato.
A centrocampo invece sul centro-destra la sfida tra Muntari e Flamini (o Gattuso se recupera pienamente dall’infortunio) è vinta in ogni caso da un giocatore in maglia rossonera, mentre sul centro-sinistra c’è un sostanziale pareggio in quanto Thiago Motta garantisce una maggior tecnica, mentre Ambrosini garantisce una continuità maggiore di rendimento e un contributo di corsa e polmoni da non sottovalutare.
In avanti invece mentre il Principe Milito stravincerebbe qualsiasi duello sia con Huntelaar che con Borriello, nel ruolo di seconda punta Pato si fa preferire ad Eto’o, non fosse altro perché il brasiliano è una vera seconda punta, mentre Eto’o è un centravanti che si sacrifica a fare la spalla di Milito, dovendosi un po’ snaturare e non riuscendo in quella posizione a far vedere il meglio del suo repertorio.
Ho tralasciato volutamente i due ruoli chiave del 4-3-1-2, ovverosia il vertice alto e il vertice basso del rombo.
Se ci limitiamo a parlare dell’andamento delle ultime stagioni, nonché del rendimento dei singoli giocatori il confronto diventa difficile, perché sia Stankovic che Cambiasso stravincono i loro duelli con Ronaldinho e Pirlo.
Ma è proprio da qui, da questi due nostri giocatori, dal loro rendimento e da una loro nuova primavera calcistica, che dipendono molte delle fortune del Milan.
E’ in questi due ruoli che il Milan può e deve fare il salto di qualità. Sia Andrea che Dinho hanno una qualità tecnica nettamente superiore ai due giocatori nerazzurri. E’ nella corsa, nel sacrificio, nella determinazione, nell’essere tosti e determinati, che deve svoltare la loro stagione.
Siamo nei loro piedi e nelle loro teste.
Ma è indubbio che, formazioni titolari alla mano, una grande stagione sia di Pirlo che di Ronaldinho potrebbe cambiare improvvisamente le prospettive del Milan nella lotta al vertice.
Dipende da loro, ma non solo. Conta molto anche lo spirito generale della squadra, la capacità di metterli più nella condizione di creare che di rincorrere l’avversario, l’intelligenza di Leonardo nel lavorare sulla squadra al fine di farla stare più corta e compatta possibile.
Meno campo hanno da coprire Pirlo e Ronaldinho infatti, meno energie sprecano, maggiormente possono essere in grado di fare della loro immensa qualità tecnica il “quid” in più decisivo e vincente di questa squadra.
----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 29/05
Gli errori su cui riflettere
Alla vigilia di un mercato che si annuncia quanto mai arduo e difficile, oltrechè complicato per molti scenari che si intrecciano, è opportuno analizzare bene il nostro mercato degli ultimi tre anni.
I fatti hanno dimostrato che si sono sbagliate molte cose, soprattutto nella gestione di certi giocatori.
Ho esaminato tre casi emblematici che conducono a una conclusione paradossale.
Il primo caso, l'errore più grave secondo me delle ultime tre campagne di mercato, non è un acquisto, bensì una conferma.
Il rinnovo di contratto a Nelson Dida, avvenuto nella primavera del 2007, è stato uno di quegli errori che pesano come macigni sul nostro bilancio e che sul piano tecnico ci ha portato conseguenze nefaste.
Sono praticamente certo infatti che senza il girone di andata del 2007-2008 passato con Dida tra i pali, il Milan avrebbe raggiunto facilmente la zona Champions, vitale per assicurare alla società quei benefit economici indispensabili per avere una sua autonomia, seppur parziale, dall'azionista di maggioranza.
Il saldo negativo di quest'operazione è facilmente quantificabile in 24 milioni di euro, ossia lo stipendio al lordo di Dida (8 all'anno) moltiplicato per 3 (gli anni del suo contratto che scade nel 2010).
Il secondo errore grave delle nostre ultime tre campagne acquisti si chiama Ricardo Oliveira. Impalpabile la presenza del brasiliano che non si è mai ambientato e che non ha mai inciso nemmeno minimamente sulle sorti della squadra.
17 milioni di euro il costo del suo cartellino, più il sacrificio di Vogel, indolore sul piano finanziario dato che era arrivato a costo zero, negativo invece dal punto di vista tecnico, dato che lo svizzero era un buonissimo giocatore, ambidestro naturale, con grande senso tattico e buona duttilità, capace di ricoprire tutte le posizioni del centrocampo a 3.
Se ai 17 milioni del costo del cartellino aggiungiamo i 2,5 milioni di euro netti all'anno che il giocatore ha percepito (ossia 5 lordi), solo per una stagione, il costo totale dell'operazione è di ben 22 milioni di euro.
Per fortuna in questo caso, almeno 10 milioni di euro di questi 22 sono rientrati grazie al riscatto del cartellino del giocatore da parte del Saragozza avvenuto nell'estate del 2008.
Il saldo negativo di Oliveira ammonta pertanto a soli 12 milioni di euro.
Il terzo e ultimo caso di questa rassegna riguarda Emerson, un giocatore arrivato qui nell'estate del 2007, con l'idea di dare un contributo importante sul piano della capacità di contrasto e di recupero della palla del nostro centrocampo, ma la cui presenza in questi due anni è stata abbastanza impalpabile e vuota.
5 milioni di euro il costo del suo cartellino, a cui si aggiungono i 14 milioni di euro lordi di stipendio del brasiliano in questi due anni. Totale ben 19 milioni di euro il saldo negativo di Emerson.
Se sommiamo i tre saldi negativi di questi tre giocatori ci accorgiamo che il totale fa ben 55 milioni di euro, ossia una cifra considerevole, che coprirebbe quasi totalmente il nostro deficit di bilancio.
E' chiaro che chi opera sbaglia e questa è una regola forse banale ma veritiera.
Il senso di questo pezzo non è pertanto quello di recitare una lezioncina o di emettere sentenze.
Semmai la morale della favola impone una riflessione: spendere meno per spendere meglio è possibile.
E' una ricetta che dovrà valere nelle prossime campagne di rafforzamento e che può trarre spunto da questi tre casi.
Evitare rinnovi multimilionari per giocatori in evidente declino fisico, evitare acquisti di giocatori ultratrentenni, evitare salti nel buio con semisconosciuti se la cifra del loro cartellino supera la doppia cifra, investire maggiormente nello scouting, che ti permette di prendere potenziali campioni in erba a cifre contenute.
Poche regole, chiare e precise, per spendere meglio. E magari spendere anche di meno. Anzi certamente.
----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 22/05

Milan-Roma e non solo!
Il mercato di questa estate dipende in maniera imprescindibile dalla partita di domenica. I tre punti in palio valgono quella qualificazione diretta alla Champions che questa squadra non può nè deve assolutamente mancare, in quanto il passivo di bilancio dell'ultimo esercizio pesa come un macigno sulle casse sociali del club.
Il disavanzo di bilancio, 66 milioni di euro, è una spada di Damocle che influisce sulla programmazione futura e fallire la qualificazione diretta alla Champions significherebbe entrare in un pericolosissimo alone di precarietà, che schiuderebbe lo scenario verso congetture al momento non ipotizzabili.
Domenica dunque non c'è soltanto l'addio di Paolo Maldini a San Siro, momento religiosamente sacro per ogni rossonero, ma c'è anche e soprattutto un obiettivo che non possiamo fallire.
Dovrebbe, salvo colpi di scena mai escludibili, essere anche l'ultima partita a San Siro di Carlo Ancelotti come allenatore del Milan.
L'empatia naturale e spontanea che non è possibile non provare per Carletto, non elude il problema.
Giusto o no cambiare?
La mia personalissima opinione è che questa scelta andasse compiuta già nel maggio scorso, dopo un quinto posto deludente, inspiegabile considerata la rosa a disposizione del Mister.
Quello che Carlo ci ha dato è tantissimo, sia in termini di vittorie che in termini di emozioni, ma quando una storia finisce diventa opportuno capire che prolungare un rapporto che si è sfilacciato è un'impresa spesso vana e poco di prospettiva.
L'Ancelotti degli ultimi due anni al Milan non è lo stesso Ancelotti dei primi anni.
Non è solo e soltanto un problema di qualità del gioco che nel tempo si è abbassata.
E' un problema un pò più radicato, concerne la gestione delle risorse della squadra, il coinvolgimento di tutta la rosa, un modo di concepire le scelte che ha assunto nel tempo una struttura troppo gerarchica e pigra, finendo per creare dei criteri rigidissimi di rotazione dei giocatori, annullando il turn over, raggiungendo si picchi di buon calcio in certe partite ma sempre in un contesto strutturale mai rinnovato e troppo prevedibile per risultare continuo.
Già la continuità, sembra una parolina magica che gioca a nascondino col Milan, ma la sua assenza non è, nè può essere, un effetto del destino cinico e baro, bensì l'inevitabile snodo di un certo modo di gestire la squadra che ha finito per smorzare la competitività interna, visto che allo stato dei fatti, se stanno bene giocano sempre gli stessi.
Rimotivare, ridare stimoli, proporre un tipo di calcio nuovo e basato su un modo di stare in campo più dinamico e più aggressivo, tutti questi devono essere i must, gli imperativi, di colui che prenderà il posto di Carlo Ancelotti in panchina.
Ma tutto questo non è altro che il futuro prossimo del Milan. L'immediato si chiama Milan-Roma, una gara che vale tanto e che rappresenta il prodromo fondamentale del Milan che verrà.
--------------------------------------------------------------------------------------------------
del 15/05

Ronaldinho ma... qual'è il problema?
E' da mesi che sento parlare di Ronaldinho come problema del Milan, come causa del nostro mancato scudetto e di problemi interni al Milan.
Premetto: sono uno di quei pochi tifosi che non ha sbavato per l'arrivo di Ronaldinho e che fosse dipeso da lui avrebbe preso un centravanti d'area di rigore di livello internazionale.
Tuttavia trovo che nei confronti del Gaucho si esageri ultimamente e non capisco perchè.
Ronaldinho tutto è stato tranne che un impedimento alla vittoria dello scudetto.
Anzi ci ha dato una mano nella prima parte della stagione con gol importanti e con assist di prima fattura.
La sua seconda parte di stagione invece non è stata positiva, con due sole presenze da titolare e un ruolo marginale in panchina, con qualche sporadica presenza in campo da 20-30 minuti.
Quasi ingiudicabile quindi il suo girone di ritorno perchè non è possibile giudicare sulla base di qualche spezzone di partita di pochi minuti.
Il problema di Dinho è che in questa squadra non ha ruolo.
Nel modulo attuale lui, che predilige partire largo a sinistra, non trova la giusta collocazione, non sostenuto anche da una condizione fisica che appare carente.
A luglio, preso Ronaldinho, bisognava entrare nell'ottica di cambiare modulo e di passare al 4-2-3-1, con una difesa alta e modo di attaccare la palla diverso della squadra.
Non lo si è fatto e, inevitabilmente, al primo periodo negativo, il Gaucho è finito in panchina a favore di un assetto di squadra più equilibrato e rodato.
In ogni caso devo dire che ho apprezzato molto il comportamento di Ronaldinho in questi mesi. Mai una polemica, mai una dichiarazione fuori posto, mai parole equivocabili che si sarebbe potuto permettere dall'alto del suo blasone e della sua storia calcistica.
Lo ricordo esultante e pienamente gioioso a bordo campo dopo il trecentesimo gol di Inzaghi a Siena che chiudeva la partita.
Insomma tutto si può dire tranne che questo ragazzo sia stato un problema per il Milan.
Sulla sua prossima conferma nel Milan del futuro credo che ci sarà tempo e modo per parlarne meglio a campionato finito.
Penso però che sia giusto sottolineare che questo giocatore ha avuto dei meriti, che si è comportato benissimo e che, cosa ancor più rilevante, ha ancora un valore di mercato notevole, rappresentando quindi un patrimonio importante per la società.
Non sono un Dinhano, non sono uno che avrebbe fatto di tutto per portarlo al Milan l'estate scorsa, ma credo sia stato giusto dare a Cesare quel che è di Cesare, perchè nelle valutazioni globali sui giocatori vanno soppesati tutti gli elementi, non soltanto quelli tecnici, ma anche umani e comportamentali.
---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 08/05

Milan-Juve: la sfida infinta
Sono passati praticamente quattro anni dall'ultimo Milan-Juve di campionato con il Milan vittorioso.
Era la fine di ottobre del 2005 e Seedorf, Kakà e Pirlo firmaro un successo che ancor oggi è ricordato come una delle prestazioni più belle di sempre del Milan.
Da allora, complice anche la retrocessione in serie B della Juventus, il Milan non batte la Juve in campionato.
Le sconfitte dell'anno scorso per 3-2 a Torino, decisiva per non permettere al Milan di raggiungere il posto Champions, nonchè il doloroso 4-2 di quest'anno, sono ferite ancora aperte.
Oggi il Milan si presenta a questa partita in uno stato di forma psicofisica quasi perfetto mentre la Juventus è in piena crisi, non solo di risultati ma soprattutto tecnica, di idee e di programmazione.
Penso però che una gara del genere non sia per nulla scontata. Fosse Juve-Siena sarebbe molto più scontata di Milan-Juve perchè i bianconeri hanno alcuni giocatori che sono i custodi del Dna e del codice genetico bianconero. Buffon, Chiellini, Camoranesi, Nedved, Del Piero, la vecchia guardia insomma, non accetterà il ruolo di vittima sacrificale con pia rassegnazione. Ho il sospetto che in camo daranno tutto, forse anche più di quello che hanno, perchè queste sono partite che portano motivazioni speciali e che non vuoi perdere mai, nemmeno se sei al trofeo Berlusconi.
Noi però dal canto nostro dobbiamo non sottovalutare l'aspetto motivazionale della Juventus ma essere sopratutto consapevoli della nostra attuale forza e della condizione eccellente di alcuni nostri giocatori.
La Juve di oggi ha tre limiti fondamentali. La loro difesa è meno ermetica rispetto a inizio campionato, stante il calo di forma dei due centrali e ha perso reattività e rapidità. Inoltre senza Amauri la Juventus ha difficoltà ad alzare il baricentro, non avendo a centrocampo un uomo d'ordine ed avendo dei terzini discreti in fase difensiva ma non eccelsi nella fase offensiva. L'assenza di Sissoko infine ha tolto al centrocampo bianconero quella forza, quella fisicità, quell'impatto potente che riusciva a dare alle partite grazie al contributo dell'africano.
Occorre impostare la partita conoscendo bene questi limiti e queste difficoltà.
Quattro anni senza battere la Juve in campionato sono tanti, troppi, è arrivato il momento di mettere fine a questa astinenza.
----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 01/05

Una storia indimenticabile
"Weah mette in mezzo per Bierhoff, torre del tedesco, Shevchenko, gol!"
Fu questa la prima azione da cui nacque il primo dei tanti gol di Sheva con la nostra maglia. Era un Milan-Lecce di fine agosto del 1999, il risultato fu 2-2, un pari beffardo per effetto di un gol di Savino nei minuti finali.
Da quel giorno i gol di Sheva sono stati tanti, molti bellissimi, alcuni importanti e decisivi per tenere a galla un Milan che non poteva certo ritenersi pieno di campioni. Era la fine degli anni Novanta, il talento rossonero era tutto racchiuso nei piedi di Boban e Leonardo, due fini e sublimi incantatori di piazze coi loro colpi magici, entrambi però a fine carriera e con qualche acciacco fisico di troppo.
Sheva di quel Milan un pò povero e molto operaio è stato senza dubbio la stella più brillante e luminosa, la pietra miliare immaginaria di ogni tifoso che sognasse un grande Milan. Qualsiasi squadra ideale nella testa di ogni tifoso aveva come punto fondamentale, come elemento imprescindibile, lui, il bambi di Kiev che con i suoi gol teneva competitiva una squadra che tutto era tranne che fortissima.
Ricordo ancora quando Sheva scelse, sotto silenzio, di restare al Milan, rifiutando la corte di Perez e del Real Madrid, del grande Real Madrid di allora, che aveva vinto due coppe dei campioni negli ultimi anni e che si apprestava a vincere la terza in capo a un anno.
Quel rifiuto garbato ma deciso di Sheva fu il primo passo per arrivare alla storia recente di successi del Milan targato Ancelotti. L'estate seguente infatti il Presidente Berlusconi decise che era giunto il momento di regalare ai tifosi un altro ciclo magico e ci regalò Rui Costa Pirlo e Inzaghi, per poi nell'estate successiva completare l'opera con Seedorf, Rivaldo e Nesta. I germogli del nuovo grande Milan erano pronti a esplodere ma tutto partì da un rifiuto garbato ma secco di quel ragazzo ucraino.
Sheva in quegli anni non era soltanto il simbolo del Milan. Era qualcosa di più.
Andry in area di rigore era una presenza pesantissima. Sembrava calamitare su di se tutti i palloni riuscendo a trovare la porta da qualunque posizione e in qualsiasi maniera. Aveva un senso del gol innato che unito a una tecnica sopraffina e ad una potenza fisica eccezionale lo rendevano uno degli attaccanti più forti e completi del panorama europeo.
La Champions di Manchester e lo scudetto del 2004 sono successi fantastici sui quali è apposta indelebile la sua firma in calce.
Quell'addio del 2006 fu tanto inaccettabile quanto doloroso. Il Milan lo pagò tantissimo perchè per ben due anni rimase praticamente fuori dai giochi dello scudetto, in quanto sostituire un attaccante da 25 gol a stagione, avulsi dalla struttura di squadra, è un qualcosa di praticamente impossibile.
Il suo ritorno è stato accolto con una divisione netta tra i tifosi.
Personalmente ne ero felicissimo ma devo ammettere che la resa sul campo è stata negativa, purtroppo l'operazione ritorno è andata male sul piano tecnico. Sheva ha giocato pochissimo e non è riuscito a dare il contributo che voleva.
Forse questa stagione di transizione per lui è servita, almeno in parte, a ricucire il rapporto con i tifosi.
Tuttavia credo che adesso sia giunto il momento di separare le nostre strade. Avrei voluto che chiudesse la carriera al Milan ma forse è meglio per tutti salutarsi così, senza rancore.
Una storia così bella non merita di finire male, ma una carriera come quella di Andry merita di finire degnamente, con qualche ultimo squillo di tromba in un'altra squadra, magari minore, ma dove lui possa giocare con continuità e dove possa ritrovare almeno in parte le sembianze più marcate del vero bomber di Kiev.
Comunque si chiuda questa storia stiamo parlando di un giocatore unico, di uno che ha segnato quasi 200 gol con questa maglia, di uno che ci ha trascinati come pochi, di un leone che è stato per tanto tempo il re di San Siro.
E' il momento di guardare avanti nella storia del Milan ma è giusto non dimenticare questa storia, una bella storia, che ci ha accompagnati in tante domeniche e in tanti entusiasmanti mercoledì di coppa. Le strade di Sheva e del Milan si stanno per separare, è la vita, è il calcio, è il normale ciclo delle cose. Forse è un pò triste ma alla fine dobbiamo renderci conto che non si può rivivere il passato.
I ricordi resteranno sempre. Tanti, troppi, alcuni forse banali. Ma se ogni milanista pensa a Sheva e chiude gli occhi, sono certo che rivede nitida la sua immagine con la maglia bianca, i suoi occhi fissi che scrutano Buffon, la sua rincorsa e quel rigore da brividi che ci tolse il fiato per qualche secondo per poi regalarci l'infinito.
---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 23/04

Il pregiudizio non fa crescere
La bella prestazione del Milan di domenica sembra essere diventata più che una gioia per gli occhi, un motivo di rivalsa verso uno dei giocatori più contestati dell'ultimo periodo: Clarence Seedorf.
Faccio una premessa dovuta e doverosa.
Nel mio Milan del futuro, nella mia ipotetica formazione del Milan ideale per la prossima stagione, Clarence non c'è. Lo considero la prima alternativa a Kakà e a Pirlo ma non più un titolarissimo.
Tutto ciò però non mi impedisce di analizzare quelli che sono dei dati oggettivi che riguardano il campione del Suriname.
E' un pò facile infatti, anzi troppo semplicistico direi, promuovere l'equazione per la quale se non c'è Seedorf in campo giochiamo bene e finisce in goleada.
I numeri dicono che le migliori partite del Milan di quest'anno sia sul piano del gioco che sul piano dei gol vedono Seedorf titolare e addirittura goleador.
In Milan-Lazio 4-1 e in Bologna-Milan 1-4 addirittura, Seedorf realizza il primo gol del Milan, fondamentale nella prima gara per sbloccare la partita e nella seconda per raggiungere il pareggio.
Un dato poi molto sottovalutato e forse sconosciuto all'universo pallonaro, è che Seedorf sia uno dei primi tre nella classifica dei giocatori di serie A che hanno la percentuale più alta di passaggi utili. Un indicatore questo che smentisce molti preconcetti sulla sua inutilità e sulla sua dannosità.
Obiettivamente come si può sostenere che uno dei giocatori che ha la percentiuale più alta di passaggi riusciti in serie A sia un ectoplasma o un problema per la squadra?
Vero è che il Milan senza Seedorf ha un gioco più rapido, con qualche tocco in meno e più verticalizzazioni. E questo è il motivo per il quale nel futuro prossimo del Milan non vedo più Seedorf in pianta stabile tra i titolari.
Ma altrettanto vero è che si tratta di un giocatore che in certe partite rappresenta un valore aggiunto per la squadra. Nelle gare secche di coppa o nella partite clou di campionato, questo è un giocatore che non ha mai paura di sbagliare, non ha timore di ricevere il pallone in mezzo a tre, ha un approccio alla partita da leader.
Mi permetto solo di far notare che nelle ultime nostre due eliminazioni dalle coppe, Seedorf non era in campo. In Milan-Arsenal era infortunato e non giocò tutta la partita, mentre in Milan-Werder Brema dovette uscire e non potè giocare il secondo tempo (in cui prendemmo due gol senza mai riuscire a uscire dalla nostra metà campo) per un probelma alla caviglia.
Proprio questa strana coincidenza deve far riflettere un attimo sull'importanza sia umana che tecnica di questo giocatore all'interno del gruppo Milan e di certi equilibri di squadra.
Non è con le prese di posizione di principio verso qualcuno che si contribuisce a costruire il Milan del futuro, ma con una seria analisi di ciò che un giocatore effettivamente dà e può dare.
Il tutto però deve essere svuotato da pregiudizi di ogni tipo. Non per il bene di Seedorf al quale i fischi e le critiche fanno lo stesso effetto di un pizzicotto di una formica ma per il bene del Milan, perchè si cresce nel confronto non con le prese di posizione assolute.

---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 17/04

C'era una volta un allenatore sconosciuto, si chiamava Ezio Glerean e allenava il Cittadella. Non era uno dei tanti allenatori di provincia, bensì un tecnico che aveva un'idea di calcio talmente estrosa e pazza da non poter apparire banale. Il suo Cittadella infatti giocava con il 3-3-4.
Pur essendo un amante delle squadre offensive il Cittadella di Glerean non mi ha mai particolarmente entusiasmato. Il suo calcio non l'ho mai trovato particolarmente spettacolare. Era una squadra garibaldina, che giocava molto sulle invenzioni dei 4 giocatori d'attacco, ma il gioco non era logico e arioso, semmai molto approssimativo e disomogeneo.
Il motivo di ciò era l'assoluta mancanza di un gioco sugli esterni.
Avere 4 attaccanti per me non significa essere molto offensivi. Il numero giusto di punte che una squadra deve avere secondo me sono due. Il gioco vero poi va fatto sulle fasce o al centro sei hai un grande trequartista.
Il Milan degli ultimi anni ha avuto due interpreti eccezionali del ruolo di esterni. Cafu e Serginho sono stati infatti due frecce di assoluto valore e che tutta Europa ci ha invidiato.
Marcos Cafu è stato per circa due stagioni il miglior terzino d'Europa. La sua capacità di corsa e la sua intelligenza nel giocare gli spazi lo rendevano una delle nostre principali fonti d'attacco. Particolare da non sottovalutare è che il rendimento di Pirlo in quegli anni è stato eccelso proprio perchè aveva in Marcos uno di quei giocatori che esaltavano la sua capacità di giocare la palla contro la linea che sale.
Seginho invece è stato un'ala pura di fenomenale impatto sulle partite. Micidiale a gara in corso, negli anni si era trasformato anche in terzino sinistro, bilanciato da Stam a destra. Aveva un'accelerazione spettacolare, una capacità di crossare in corsa più unica che rara e una sensibilità nel tocco di sinistro eccellente. I suoi cross anche dalla trequarti erano un problema per tutte le difese, in quanto sempre tagliati, a rientrare, con effetto velenoso. I gol segnati da Sheva e Inzaghi su inviti suoi non si contano più.
Ad oggi purtroppo due esterni così il Milan non li ha più in rosa. Zambrotta è un fantastico podista, di gran resistenza e corsa, ma non è un grande crossatore, nè un giocatore dalla corsa fluida come Cafù.
Jankulovky invece è l'equivoco tattico principale di questo Milan. Ottimo centrocampista, decisamente a disagio nel ruolo di terzino sinistro, nel quale fatica, alternando qualche buona progressione in fase offensiva a pericolosi svarioni in fase difensiva.
L'esigenza di trovare nel panorama mondiale almeno un esterno che riesca a dare il contributo che Cafu e Serginho hanno dato negli anni scorsi è lampante anche se, teoricamente, non è un'esigenza primaria.
Direi che, in un ordine di importanza delle priorità, viene prima l'esigenza di un centravanti, poi quella di un difensore centrale e solo in terza posizione quella di un esterno.
Di terzini di buon livello anche senza spendere molto, in giro se ne trovano.
Il problema è trovare terzini che possono fare la differenza.
Alves del Barcelllona, Maicon dell'Inter, Evra del Manchester, Bosigwa del Chelsea, sono tutti dei giocatori già affermati che rappresentano il top al momento nel ruolo di esterni difensivi.
E non è un caso secondo me che tre su quattro di loro disputeranno le semifinali di Champions.
Trovare un nuovo Cafu o un nuovo Serginho è un dovere per una società che vuole porsi l'obiettivo di aprire un nuovo ciclo perchè avere almeno un grandissimo terzino ti garantisce un'ampiezza del campo e del gioco che altre squadre non possono avere. E ciò in certi momenti può fare la differenza.
Non si tratta di un'esigenza imprescindibile ma di un obiettivo a media scadenza in quanto se acquistare un centravanti e un difensore centrale è necessario per costruire le fondamenta della squadra, avere un terzino di ampio respiro europeo è un modo per avere un'arma tattica in più.
Un'arma tattica che nel calcio di oggi vale molto più della terza o della quarta punta in panchina.

---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 10/04

Allegri-Milan: le ragioni di una scelta
Chi sarà l'allenatore del Milan della stagione 2009-2010?
Questo interrogativo alberga nei pensieri di tutti i tifosi del Milan e degli addetti ai lavori.
Un dato appare certo: non sembra esserci la voglia, da entrambe le parti, di proseguire l'idillio tra la società e Carlo Ancelotti.
Al di là delle dichiarazioni ufficiali infatti è evidente che il non rinnovo del contratto di Ancelotti, in scadenza nel 2010, manifesta l'intenzione di scegliere una guida tecnica diversa per gli anni a venire.
Alla luce di ciò pertanto sarebbe sensato tenere Ancelotti fino alla scadenza del suo contratto, ossia avere nella prossima stagione un allenatore praticamente a tempo?
A mio parere no.
Il tanto decantato record di Rocco è soltanto un dettaglio numerico. Non è restare un anno in più che renderà Ancelotti migliore alla luce dei milanisti.
Credo infatti che restare per fare record, per siglare traguardi personali, sia soltanto un modo sbagliato di intendere un rapporto con il club e i tifosi.
La soluzione migliore è una stretta di mano e un saluto. Ancelotti resterà nella storia del Milan comunque, ma oggi c'è il dovere di pensare al futuro.
Non so quanto credito abbia l'indiscrezione giornalistica che parla di Allegri come possibile allenatore del Milan.
Personalmente se ciò avvenisse ne sarei entusiasta e felice.
Il fatto che si tratti di un allenatore con poca esperienza anche a livello internazionale non mi preoccupa per nulla. Le scelte vincenti del Milan hanno sempre avuto un qualcosa di rivoluzionario e di coraggioso.
Il profilo di Allegri è di primo piano. Quello che sta facendo a Cagliari sul piano dei risultati è eccezionale. Ma Cagliari è stata soltanto l'ennesima tappa di un grande percorso.
Allegri infatti ha già ottenuto, a soli 40 anni, altri ottimi risultati come allentore. E' stato anche l'artefice della promozione in B del Sassuolo la scorsa stagione, traguardo improbo considerata la storia del club, oltrechè di esperienze formative a Ferrara e a Grosseto.
Perchè sarebbe l'allenatore adatto per il Milan?
Ci sono tre validissime ragioni a mio avviso.
In primo luogo, dal punto di vista strettamente tattico, Allegri gioca con un 4-3-1-2 molto simile al nostro. Non ci sarebbe insomma bisogno di particolari rivoluzioni e potrebbe lavorare su un modulo base che già conosce.
Inoltre si tratta di un allenatore che ha l'intelligenza di apprezzare il lavoro di chi lo ha preceduto. A Cagliari non ha mandato all'aria il lavoro di Ballardini, tutt'altro. Il suo Cagliari anzi gioca con gli stessi uomini di Ballardini (ad eccezione del portiere e del cursore di sinistra di centrocampo), con lo stesso modulo, ma con una cura del particolare, delle distanze tra i reparti e dei movimenti d'attacco molto migliori. Segno che Allegri ha saputo apprezzare il bel lavoro di Ballardini migliorandolo e rifinendolo. Una dote fondamentale questa per un tecnico. Essere umili è il presupposto primo per essere un allenatore all'avanguardia.
Un'altra valida ragione è di natura prettamente tecnica. Allegri è un allievo di Galeone e predilge un calcio offensivo, in cui i giocatori di talento vengono lasciati liberi di creare. Una mentalità questa che si sposa alla grande con la mentalità del Milan berlusconiano. E' un allenatore che sa far giocare calcio offensivo alle sue squadre, senza gli eccessi zemaniani e con la giusta prudenza.
Un ultimo aspetto da non sottovalutare è la foza mentale di Allegri. Trovatemi un altro allenatore esordiente che dopo 5 partite è ancora a zero punti in serie A ma riesce a salvare la panchina e a rimotivare un gruppo fino a condurlo alle porte della qualificazione Uefa. Allegri ha salvato la panchina perchè lavora bene e il suo Presidente e i suoi giocatori hanno avuo fiducia in lui, convinti dalla forza del suo lavoro e della sua serietà. Riuscire a far tovare motivazioni a una squadra in fondo alla classifica è un'impresa quasi titanica. Allegri lo ha fatto e questo è un merito che viene ancor prima del bel gioco espresso dai suoi ragazzi.
Il Cagliari di quest'anno è stato insieme al Genoa una delle squadre che hanno giocato meglio, nonchè meglio allenate e meglio messe in campo di tutta la serie A.
Quest'allenatore ha idee e coraggio e il Milan della prossima stagione ha bisogno proprio di idee nuove e di un pizzico di coraggio in più.
Non so se arriverà, magari è solo una bufala ma...io lo aspetto a braccia aperte!

---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 03/04

Ogni allenatore ha il diritto di fare le sue scelte e affidarsi ai giocatori che ritiene maggiormente adatti al suo sistema di gioco e al suo modo di intendere il calcio.
Questo vale per tutti gli allenatori, a maggior ragione per l'allenatore della NAzionale italiana, chiamato a un ruolo improbo, poco popolare, difficile, quale quello di selezionatore azzurro.
Tutte le scelte, anche quelle non condivisibili, vanno accettate.
Il problema è che il signor Lippi fa alcune scelte e alcune ripicche.
Le ripicche, sterili e mai produttive, sono qualcosa che nulla hanno a che fare con il lato strettamente tecnico del campo e del gioco.
Quella di Lippi verso Ambrosini non è una scelta ma una ripicca, un capriccio di un allenatore bravo ma presuntuoso, spocchioso e spesso vicino ai limiti dell'arroganza.
Il centrocampo azzurro di queste ultime due uscite è stato composto da Pirlo, De Rossi e Palombo, con la variante Brighi contro l'Irlanda.
Insomma un reparto di tutto rispetto, ma al quale è innegabile manchi un giocatore con le caratteristiche di Ambro, un gran colpitore di testa, un giocatore bravo a inserirsi senza palla, un tipo di centrocampista che, nel calcio moderno, è troppo importante e indispensabile per costruire cicli vincenti.
La prevenzione di Lippi verso Ambrosini ha raggiunto il suo culmine quando gli ha addirittura preferito Nocerino del Palermo, in un momento in cui molti centrocampisti erano infortunati.
Si racconta che i problemi tra i due siano di natura personale. Probabilmente non si prendono caratterialmente, forse non saranno mai amiconi.
Ma il tecnico della Nazionale italiana deve fare delle scelte che siano basate non su le sue simpatie ma sulle esigenze della squadra.
Ed è innegabile che, oggi, un centrocampista delle caratteristiche di Ambro, alla Nazionale serva come il pane.
Non esiste in Italia un centrocampista migliore di Ambro nel gioco aereo, nello stacco di testa, nella capacità di inserimento senza palla (su quest'ultimo aspetto si divide però la palma di migliore con De Rossi).
Insomma lasciare a casa un giocatore così, tutto è tranne che una scelta produttiva.
Forse a Lippi la vittoria di Berlino ha dato un pò alla testa. Ritiene di essere incriticabile nelle scelte e infallibile come pochi. O forse è del parere che la sua arroganza che finora lo ha portato ad alti livelli come allenatore, possa continuare ad essere una compagna di viaggio piacevole e divertente.
Stia attento però.
L'Italia che vince a Berlino non è la squadra migliore del mondo, ma quella più determinata, umile e vogliosa di combattere.
Lasciare a casa un guerriero come Ambro è un modo per sfidare la sorte lanciandole una provocazione.
E spesso il destino è tremendo con chi è arrogante e si ritiene insuperabile.

---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 26/03

FENOMENOLOGIA DEL MILAN DI CARLO ANCELOTTI
Il Milan di Ancelotti nasce nell'estate del 2002 da un'intuizione semplice ma grande. L'idea di base è che una squadra di eccelsi palleggiatori potesse controllare e fare sua la partita, scegliendo i momenti giusti per colpire, cucinando a fuoco lento gli avversari, utilizzando la propria qualità individuale come mezzo per raggiungere la vittoria.
Quel Milan che ne nacque aveva in Pirlo, Seedorf, Rivaldo e Rui Costa i 4 alfieri di un'idea, una filosofia di gioco e ci calcio molto comune: tenere tanto il pallone, fare la partita.
Quei quattro giocatori assieme, sostenuti dal vigore di Gattuso e da una difesa bloccata, con Nesta pronto a blindarla, furono un'assicurazione vincente che consentì a Inzaghi di vivere una prima parte di stagione da mattatore.
Ma dopo qualche mese quell'idea di Milan ha iniziato a mostrare le sue crepe. In un campionato come quello italiano, in cui la fisicità assume un aspetto predominante, può una squadra di palleggiatori, poco verticale nei suoi attacchi, vincere lo scudetto?
Il campionato quell'anno andò alla Juve d Lippi, ma il Milan ritrovò il bandolo della maassa inserendo stabilmente in squadra Shevchenko a scapito di Rivaldo, passando a giocare con due punte e variando di molto il tema offensivo.
Quella modifica risultò decisiva per la vittoria della Champions, ma il problema strutturale restava. Il Milan non aveva, Serginho a parte, un giocatore capace di garantirgli il cambio di passo.
Accadde però che in un giorno particolare di agosto del 2003 la nora vita di milanisti cambiò. Arrivo in Italia Kakà e subito fummo conquistati dalle sue accelerazioni, dalle sue progressioni, dai suoi affondi che tagliavano in due le difese.
Uno così non poteva star fuori e a farne le spese fu Ru Costa, relegato in panchina dal fenomeno venuto da San Paolo.
Da allora il Milan è rimasta una squadra di possesso palla con delle varianti diverse. Kakà non ama il possesso palla e la sua squadra ideale non può avere queste caratteristiche. Il Milan da tanti anni si porta dietro questo contrasto interno nella sua filosofia di gioco che prima o poi dovrà essere risolto.
Potrebbe essere l'estate prossima il momento ideale?
Ai posteri l'ardua sentenza.
Io mi limito a dire che il Milan più gradevole degli ultimi anni è stato quello della seconda parte della stagione 2005-2006 in cui c'erano ben tre acceleratori capaci do cambiare passo in squadra: Kakà, Sheva e Serginho (titolare fisso in quel periodo).
Era una squadra godibile che arrivò a toccare 88 punti in campionato e che si fermò in semifinale di Champions soltanto al cospetto di un grande Barcellona.
Oggi abbiamo due soli grandi acceleratori: Kakà e Pato. L'idea di aggiungerne un altro, magari un terzino d'assalto, non può nè deve essere scartata a priori.
La fenomenologia del Milan ancelottiano di questi anni ci insegna che è stata la velocità una delle chiavi delle migliori prestazioni.

----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 20/03

La trasferta di Napoli dipende essenzialmente da noi. Andiamo al San Paolo per giocarcela contro una squadra in difficoltà, che ha perso un pò il filo del gioco e dei risultati e che si trova, a due tezi di stagione, con obiettivi minori rispetto al palcoscenico della Champions che a novembre sembrava una possibilità concreta.
L'ambiente partenopeo dà e toglie. Ti dà moltissimo nei momenti di gran vena, ti condiziona enoremente quando le cose vanno male. In questo le analogie con l'ambiente romano sono tantissime. Una passione intensa e viscerale che traborda i confini della logica, alternandosi sugli estremi dell'esaltazione e della depressione.
Il Napoli di oggi è solo una copia sbiadita del Napoli di 3 mesi fa. La condizione fisica ha subito un inevitabile calo, stante anche la partecipazione all'intertoto che nel lungo periodo porta più svantaggi che altro. A ciò si aggiungano gli infortuni gravi di due elementi fondamentali della squadra come Gargano e Maggio, lo stato di grazia non più eccelso di Lavezzi, qualche equivoco tattico.
Il Napoli di Donadoni oggi è un ibrido. Non è ancora la squadra che il Dona vorrebbe, non è più il Napoli di Reja che giocava corto, molto a protezione della difesa, rapidissimo nel ribaltare il fronte del gioco con movimenti d'attacco eccelsi.
L'emblema è Hamsik. Grande giocatore quando la squadra va bene, centrocampista dotato di tempi di inserimento eccezionali, bravissimo nello sfruttare gli spazi, ma mai un giocatore nel vivo del gioco. Tocca pochissimi palloni e se la squadra cala, non è il giocatore in grado di risolvere la partita da solo. In alcune cose mi ricorda Ballack, con meno doti balistiche.
Contro questo Napoli noi non possiamo avere paura. Dobbiamo scendere in campo con due punte, con l'idea di attacarli subito. La loro difesa non è eccelsa, ha giocatori strutturalmente lenti e fallosi. Il pericolo unico per me è Lavezzi, anche se non è nel miglior momento di forma. Può però inventarsi sempre una giocata o un numero dei suoi.
La formazione nostra penso sia obbligata, non credo rischieremo Kakà, ma ho fiducia nei rientri di Bonera e Seedorf.

---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 13/03

Dopo 27 partite di campionato, un terzo posto che non soddisfa i palati fini, un ciclo di partite importanti che ci attende e che ci può riportare in Champions, vale la pena soffermarsi un attimo sul Milan di quest’anno, sul suo modo di giocare, sulla composizione della sua rosa, sui suoi difetti strutturali, sulle sue potenzialità, su qualche luogo comune di troppo e sulle nostre prospettive futuribili.
La rosa del Milan di quest’anno ha tantissima qualità e un numero impressionante di giocatori che, con le loro giocate, possono vincere da soli le partite.
Si tratta però di una rosa che non è stata assortita in maniera perfetta, presenta delle contraddizioni e alcuni equivoci.
Il Milan è la squadra della serie A che tiene maggiormente il pallone tra in piedi. Mediamente 28 minuti a partita, a fronte dei quasi 26 minuti della capolista Inter.
Vi è di più. Il Milan non è solo la miglior squadra della serie A per ciò che concerne il possesso palla ma lo è anche per quello che riguarda la supremazia territoriale, ossia il tempo totale del possesso palla di una squadra nella metà campo avversaria.
Due dati questi che, presi da soli, si espongono a degli interrogativi di natura sia tattica che tecnica.
Quanto conta nel calcio di oggi fare tanto possesso palla?
Per rispondere a questa domanda bisogna andare un attimo al di là del semplice dettaglio numerico.
Oggi il possesso palla è meno decisivo che in passato. Non conta tanto quanto tempo tieni il pallone tra i piedi, rileva maggiormente cosa ci fai con la palla tra i piedi.
Il possesso palla del Milan è spesso sotto ritmo, avrebbe bisogno di essere meno continuo e di avere maggiori e più repentini sfoghi in verticale.
Una squadra come la nostra può tranquillamente fare 5-6 gol in una sola partita, ma incontrare difficoltà enormi ad imporre il gioco contro un certo tipo di squadre.
Le partite di Palermo e di Torino di quest’anno ne sono un esempio lampante.
Ciò succede perché siamo facilmente aggredibili. Vogliamo sempre portar su la squadra coi terzini e nel campionato italiano queste cose si pagano, visto che giocando con un centrocampo a tre veniamo quasi sempre presi d’infilata sui cambi di gioco veloci.
L’acquisto di un centravanti capace di far salire la squadra deve essere visto soprattutto in quest’ottica piuttosto che nell’ottica più labile del semplice numero di gol che potrebbe fare.
Esistono giocatori funzionali a un certo tipo di gioco e a un certo tipo di sistema. Noi abbiamo bisogno di un centravanti che ci permetta di salire quando siamo pressati e che ci consenta di tenere il pallone su per far rifiatare la difesa quando è attaccata.
Un centravanti vero darebbe al nostro calcio una dimensione di squadra più omogenea e compatta e migliorerebbe il nostro modo di stare in campo.
Il problema non sono i gol nel Milan di quest’anno. Abbiamo il secondo attacco della serie A e siamo la seconda squadra del campionato (dopo la Roma) come tiri totali nello specchio della porta a partita. Siamo inoltre la squadra che ha la percentuale di pericolosità più alta della Serie A.
Questa squadra quindi non è da rifondare. Siamo, sempre numeri alla mano, il primo team della serie A per palle giocate e come percentuale di riuscita nei passaggi. Inoltre Clarence Seedorf (così tanto criticato da una critica forse un po’ ingenerosa) è il giocatore del campionato che annovera il maggior numero di passaggi riusciti dopo Liverani.
Facevo riferimento proprio poc’anzi al nostro vero problema, ossia il modo di occupare il campo e di tenere le distanze tra i reparti.
Io penso che la squadra sia troppo bassa e troppo supinamente a ridosso dell’area di rigore. In situazioni del genere, basta anche un rimpallo sfortunato per portare gli avversari al gol.
Tempo fa il nostro Mister interrogato sul perché il Milan non giocasse con la linea più alta, ha risposto che la difesa può giocare alta se il centrocampo attacca la palla e il Milan in questo momento non riesce a farlo.
Una spiegazione su cui continuo a mantenere qualche riserva.
Il Milan infatti ha un giocatore come Flamini che possiede nei suoi cromosomi i principi dell’attaccare la palla. E’ una cosa che gli viene naturale, anzi trova assurdo aspettare l’avversario e non attaccarlo prima.
Più che altro penso che la nostra squadra sia, generalmente, troppo timorosa, come in convalescenza. Non siamo padroni degli eventi e questa paura condiziona il nostro modo di stare in campo, perché il coraggio e la sfrontatezza sono le due chiavi di un modo di giocare un po’ più spregiudicato.
Che non siamo messi bene in campo lo dimostra anche un dato numerico molto particolare che va letto con grande attenzione.
Tutti ci ricordiamo come il Milan degli ultimi anni sia stato sempre la squadra più corretta del campionato. Ogni volta che, negli anni d’oro, si perdeva un pallone, si cercava sempre di riconquistarlo stringendo le posizioni e rimanendo compatti, quasi mai con un fallo tattico.
Ebbene oggi il Milan non è più la squadra che fa meno falli del campionato. Siamo diventati la quint’ultima formazione come falli fatti in seria A, non certo una squadra di fabbri, ma in ogni caso dietro questo dato si cela una grande verità.
Quale?
Per scoprirla dobbiamo esaminare anche un ulteriore dato, quello delle ammonizioni.
Ci si aspetterebbe che, essendo il Milan una formazione abbastanza corretta (ripeto quint’ultima come numero di falli totali), sia anche una delle squadre meno redarguite dai direttori di gara.
E invece così non è. Il Milan infatti è la quarta squadra con più ammoniti della serie A, ben 68. Peggio han fatto solo Chievo, Torino e Lecce, ossia tre pericolanti.
Com’è possibile tutto questo?
La ragione è molto semplice. Non avendo un equilibrio preciso di squadra ed essendo messi male in campo siamo costretti a falli tattici inevitabili soprattutto sulle ripartenze avversarie e sui loro cambi di campo. A ciò si aggiunge, in misura minore, il fatto che nel nostro Dna calcistico il fallo tattico non rientra molto nelle corde, ragion per cui i nostri falli sono più evidenti e spettacolari.
Su questo aspetto, ossia il modo di stare in campo, c’è da lavorare molto in prospettiva futura. Logicamente bisogna anche ricordare che il Milan sta giocando questo campionato senza la sua coppia di difensori centrali titolari (Kaladze-Nesta) e senza il suo centrocampista principe nell’aiutare la difesa e nell’andare a coprire il lato sul cambio di campo(Gattuso). Assenze che, alla lunga, non possono non pesare sul gioco e sui risultati. Ricordo solo, a titolo informativo, che l’Inter la passata stagione senza i due difensori centrali titolari (Cordoba e Samuel) ha perso ben 11 punti di vantaggio sulla Roma.
Le attenuanti quindi, in questa nostra stagione esistono e sono anche abbastanza concrete e reali. L’unico errore che non dobbiamo commettere è quello di pensare che possiamo cullarci su queste attenuanti, perché i nostri limiti strutturali prescindono da esse, sono stati semplicemente messi di più in evidenza da queste contingenze negative.
Non è un Milan da rifare pertanto, ma un Milan da capire, interpretare e migliorare chirurgicamente con operazioni mirate e funzionali a un’idea e un progetto di squadra che va basata sui nostri due fenomeni: Pato e Kakà.

---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 06/03

Il futuro del Milan
In questi ultimi giorni tutti gli organi di informazione hanno diffuso delle notizie importanti riguardanti le future scelte societarie che la proprietà rossonera pare intenzionata a intraprendere.
Si parla di una riduzione del monte ingaggi per poter permettere al Milan di “camminare con le sue gambe”, senza il provvidenziale intervento annuale dell’azionista, per ripianare le perdite di bilancio che una gestione così onerosa comporta.
Si è affrontato l’argomento con un impatto mediatico forte. Si è parlato di ridimensionamento e di cambio degli obiettivi del Milan.
Io sono del parere che sia invece possibile spendere meno, spendendo meglio.
Non è uno slogan vuoto il mio, bensì un’idea che nasce da un’accurata valutazione della situazione societaria e tecnica del Milan, unita ad alcune considerazioni di ordine generale che investono il mondo di oggi, interessato dalla crisi economica.
Partirei proprio da quest’ultimo dato come preambolo introduttivo di un discorso di ampio respiro.
Un dato oggi appare chiaro: il mondo è in crisi, ciò che un anno fa valeva cento oggi vale cinquanta. Tutto si è dimezzato. E’ notizia di poco fa che la borsa di Milano ha chiuso oggi con un -5,38 % dell’indice Mibtel. Negli Usa il colosso General Motors sta rischiando la bancarotta finanziaria e oggi il suo titolo ha chiuso con un meno 16%. Addirittura, dato emblematico, l'indice Dj Stoxx 600, che fotografa l'andamento dei principali titoli quotati sulle borse del Vecchio Continente, ha perso il 3,6%. Sempre stasera la Bce ha tagliato il costo del denaro di mezzo punto, raggiungendo il nuovo minimo storico, ossia il valore cartaceo del denaro sta perdendo consistenza sempre di più. Sul perché ciò è avvenuto si potrebbero scrivere fiumi di parole.
Io ritengo che la diffusione planetaria di titoli tossici, conseguenza folle della concessione facile di mutui subprime negli Usa, non sia stato un semplice errore di valutazione delle banche americane. Di più!
Si è trattato di una sopravalutazione della leva finanziaria, attribuendo erroneamente ad essa finalità economiche, che la finanza invece non può, né deve avere.
L’idea di trasformare la finanza da strumento operativo a modo per creare valore ha creato effetti devastanti sull’economia reale. Le garanzie sono saltate e gli effetti della crisi avranno ripercussioni temporali medio-lunghe.
Questa infatti non è una crisi economica ciclica, prevedibile come tappa normale di un ciclo economico, bensì è una crisi di proporzioni più vaste e meno definibili. Il sistema economico è stato drogato da titoli che oggi valgono carta straccia e per ripristinare un equilibrio minimo sarà necessario almeno un lustro nel quale le politiche economiche sia degli Usa che dei Paesi dell’UE siano coordinate, nonché volte a soccorrere le banche e le società in crisi, senza però commettere l’errore di nazionalizzare troppe banche, in quanto una presenza massiccia degli Stati nell’economia e nei flussi di capitali a medio lungo periodo porta più svantaggi che benefici.
E’ in questo delicatissimo scenario economico che le società di calcio sono oggi chiamate a confrontarsi e a ripensare nuove modalità di gestione, meno vincolate alla generosità delle proprietà, e maggiormente attente a non oltrepassare certe nuove soglie, intese come tetti di spesa.
In che situazione si trova ad oggi il Milan? Nonostante la Gazzetta dello Sport si ostini a dire che il tetto ingaggi del Milan raggiunge i 120 milioni di euro, i dati in mio possesso dicono che le cifre che la società spende per gli emolumenti dei propri giocatori e tecnici superano addirittura i 160 milioni di euro lordi a stagione. Una cifra altissima, certamente fuori mercato e non rispondente al valore effettivo della rosa dal punto di vista tecnico.
Ferme restando tuttavia le certe partenze per fine contratto di Maldini (2milioni netti all’anno), Favalli (1,Cool ed Emerson (3,2), e considerato che Mattioni, Senderos e Sheva rientreranno nei loro club di appartenenza per fine prestito, il Milan deve comunque fare delle scelte importanti.
La prima ed improrogabile scelta del futuro riguarda la sua guida tecnica. Il Milan deve scegliere non solo l’allenatore, ma anche il progetto tecnico da affidare a questo allenatore, e sulla scia di ciò operare le scelte di mercato. Personalmente al posto di Ancelotti prenderei Donadoni o Spalletti, allenatori duttili, di polso, capaci di inserire giocatori giovani in squadra con coraggio e di saper variare modulo e situazioni tattiche, vere e proprie necessità nel calcio moderno.
L’interrogativo più grosso concerne Ronaldinho. Il Gaucho è un fuoriclasse assoluto ma non è più quello di Barcellona. Non ha più lo spunto esplosivo dei tempi blaugrana. Adesso è un sublime passatore, un giocatore che ti mette la palla dove vuoi e che può essere decisivo con una squadra che fa un certo tipo di calcio.
Il Milan è disposto ad assecondarlo?
E’ pronto il Milan a scegliere un tecnico che faccia un tipo di calcio iperoffensivo, con quattro giocatori oltre la linea della palla, soluzione che consentirebbe a noi tifosi di vedere la situazione tecnica ideale per dare risalto alle qualità del Dentone?
E’ una domanda alla quale è opportuno dare presto una risposta per capire quello che sarà il Milan del futuro.
Io sono dell’opinione che una squadra come il Milan che ha già due giocatori come Pato e Kakà, abbia già un futuro disegnato ma su una strada diversa rispetto a quella citata poc’anzi.
LA situazione tecnica ideale infatti per permettere ai nostri due fenomeni di rendere al massimo è quella di farli giocare accanto a un centravanti vero, un giocatore che sappia sia fare il lavoro sporco della prima punta che dialogare con loro parlando lo stesso linguaggio calcistico.
Dipendesse da me prenderei al volo Diego Milito, il centravanti del Genoa, un fuoriclasse vero, come pochi.
Il suo costo vicino ai 25 milioni di euro sarebbe praticamente pareggiato dalla cessione di Ronaldinho, con vantaggi enormi per le casse sociali, visto che l’ipotetico stipendio di Milito (supponiamo 4 milioni di euro), porterebbe un risparmio di 3 milioni di euro lordi, rapportato a quello del Gaucho (5,4 milioni di euro netti).
A un tridente di tale livello il Milan dovrebbe poi fare come la brava sarta che cuce addosso alla principessa il vestito più bello.
Confermato Abbiati in porta (e Storari come secondo), accanto al fenomeno Thiago Silva va scelto un centrale di livello, possibilmente mancino, o per lo meno abituato a giocare sul centro sinistra della difesa, rapido e forte di testa. Agger o Alex andrebbero benissimo. Per una spesa che comunque può essere finanziata coi proventi della cessione di Gourcuff (15 milioni di euro).
Bonera è un’ottima alternativa ai centrali, mentre sulle fasce ad Antonini e Zambrotta aggiungerei Ebouè e Matheu, entrambi acquistabili a costo zero.
A centrocampo cercherei di prendere Obi Mikel a costo zero oppure Palombo (che costa dieci milioni). L’obiettivo è quello di avere uno schermo davanti alla difesa, che la protegga in un certo modo e che le permetta di giocare alta aggredendo gli avversari senza aspettarli supinamente. In questo scenario Pirlo dovrebbe ritagliarsi una nuova giovinezza sul centro-sinistra, divenendo così meno marcabile, ma sempre in ogni caso prezioso con i suoi lanci e il suo gioco illuminato.
Altri giocatori di buon livello liberi a parametro zero a giugno sono Pennant del Liverpool, un’ala tattica che può permetterci variazioni di gioco e Fred del Lione, un centravanti tecnico, un po’ discontinuo ma di gran talento.
E’ importante poi riuscire a vendere, anche sotto costo, Dida (3,7 milioni di euro netti all’anno), Kalac (1,3), Kaladze (3,7), Jankulovsky (2,7) e Borriello (3), giocatori i cui ingaggi non corrispondono al valore reale dal punto di vista tecnico e i cui ingaggi lordi sommati rappresentano quasi per intero il disavanzo di bilancio di quest’anno, coperto dall’azionista con una generosa ricapitalizzazione a gennaio (oltre 31 milioni di euro).
Un discorso a parte merita Seedorf. Se accetta un ruolo da non titolare fisso in questo nuovo Milan deve essere il benvenuto. Viceversa ci si saluta con una stretta di mano e con 8 milioni lordi di stipendio in meno che gravano sul bilancio.
Per il futuro prossimo non sarebbe male sostituire Clarence con Afellay del PSV, un giocatore sublime e dalle movenze incantevoli. Ma stiamo parlando in prospettiva più che futura.
Il Milan che nascerebbe da questo tipo di impostazione sarebbe una squadra più fresca. Difesa alta, centrocampo che attacca la palla alta, meno tecnica pura a centrocampo (dove il solo Pirlo sarebbe il giocatore tecnico di riferimento) a favore di un ritmo di gioco più impetuoso che favorirebbe senza dubbio Pato e Kakà.
Il tutto senza aggravi di bilancio ma anzi con un risparmio netto di circa 15 milioni di euro (ossia 30 milioni lordi) sugli ingaggi.
Le virtù e le qualità dei grandi uomini vengono fuori quando il vento delle difficoltà soffia molto forte. Riuscire a far si che la crisi economica diventi per il nostro Milan un’opportunità e una fonte di miglioramento piuttosto che un problema, deve essere la nostra nuova sfida per il futuro.

---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 27/02

Milan arabo?
E' un interrogativo che cela in se medesimo scenari che hanno fascino e mistero, ma che nello stesso tempo richiede una riflessione profonda.
E' di questi giorni la discussione per la quale il gruppo dello sceicco Mansour sarebbe interessato a quote azionarie della società rossonera.
La notizia, confermata da più fonti, porta con se un'inevitabile serie di argomentazioni.
Cedere il 40% della società agli arabi è senza dubbio una scelta economica che porta dei vantaggi nell'immediato, visto l'enorme flusso di capitali che affuirebbero nelle casse sociali rossonere. Si risolverebbe in un sol colpo il problema dei passivi di bilancio per molte stagioni e ci sarebbe una forte disponibilità economica per le prossime campagne acquisti.
Fin qui tutto ok.
Il passo successivo però sarebbe quello di capire le prospettive future del Milan, al di là della solidità economica.
Gli arabi sono popolo che ha una cultura commerciale di impatto. Se vogliono qualcosa lo prendono e sono abili negoziatori con i quali è impossibile non tovare un accordo non soddisfacente dal punto di vista economico.
Ho i miei dubbi però sulle capacità gestionali degli arabi e sulla loro continuità di gestione di un progetto vincente.
Mi chiedo molte cose.
In primo luogo se un binomio Berlusconi-Mansour possa essere compatibile, negli anni, senza situazioni di frizione o di imbarazzo.
Poi mi chiedo se questi arabi riescono a vedere nel Milan un patrimonio che va al di là dei benefit economici, perchè la passione dei tifosi non è quantificabile e parole come "bandiera" o "simbolo" hanno un'importanza che va al di là di un affare di mercato.
Infine mi chiedo se, forse, tutte queste voci e situazioni, non derivano anche e soprattutto da un interesse minore (per usare un eufemismo) che i figli del Presidente hanno verso la sua miglior creatura. In questi anni di indizi ne abbiamo avuti tanti, tutti univoci e che lasciavano poco spazio alle interpretazioni.
Insomma tante congetture, mille dubbi, trecento ipotesi più o meno realistiche. Farsi un'idea e un'opinione precisa è impossibile in questo momento. Bisogna saper aspettare per capire gli eventi. Sempre che quest'ipotesi diventi realtà e che Berlusconi, con uno dei suoi tanti improvvisi colpi di mano, non faccia saltare il banco prima ancora che il gioco sia finito. Un'idea che non si può scartare a priori.

---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 20/02

Massimiliano Allegri è uno dei tre tecnici in questa stagione che ha mostrato le cose migliori dal punto di vista del gioco e del modo di stare in campo della sua squadra.
Il suo Cagliari fa un tipo di calcio armonioso e compatto, il suo riferimento costante è la palla e la possibilità di dare a chi ne è in possesso almeno tre opzioni di passaggio.
In porta Marchetti è certamente uno dei migliori portieri del campionato, sicuro e bravo nelle uscite.
La difesa ha nei centrali Lopez e Bianco due giocatori affidabili, non eccelsi, ma di esperienza e vigore fisico. I terzini, Pisano e Agostini, sono invece due giocatori molto regolari e tatticamente intelligenti.
Il centrocampo ha in Conti il suo faro, nonché uomo guida. Regista sapiente, giocatore capace di dare i tempi al gioco, in questa stagione ha raggiunto quasi livelli da nazionale.
Fini e Biondini sono i cursori che uniscono qualità e quantità, con Cossu nellla veste di uomo assist che agisce alle spalle di Jeda, elemento di classe e velocità, e del bomber Acquafresca.
Insomma un collettivo di tutto rispetto, che si avvale anche della possibilità di avere in panchina due giocatori di buona qualità come Lazzari e Matri.
Per noi giocare contro il Cagliari non sarà semplice, perché loro coprono molto bene il campo e sanno ripartire coi tempi giusti e hanno grande rapidità di esecuzione in attacco.
Giocando loro però con un 4-3-1-2 che fa salire molto i terzini, possiamo sfruttare i loro limiti e attaccarli sul lato del terzino che sale creando una superiorità numerica da quel lato. Questo è più facile farlo sul lato di Pisano, meno disciplinato tatticamente di Agostini.
Non sono particolarmente pericolosi sui corner in quanto non hanno tanti saltatori.
Dobbiamo accettare l’idea che alcune frazioni della gara avranno un ritmo alto, imposto da loro, e riuscire a sfondare contro la loro linea con i movimenti di Pato.
Sarà comunque una bella gara, visto che si affrontano due squadre che hanno a disposizione tanti giocatori di qualità e per lo spettatore neutrale sarà piacevole vedere la partita. Speriamo lo sia anche per noi rossoneri.

----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 13/02

Domenica sera alle 22:30 potremo dare un dimensione effettiva alle nostre pretese stagionali. Sono poche le partite svolta della stagione, domenica sera è una di queste. Giocarci il derby senza Kakà è uno svantaggio forte, ma non possiamo nè dobbiamo partire con il complesso di inferiorità. L'Inter che aveva in mente Mourinho questa estate, sul piano tattico, si è evaporata dopo poche partite come neve al sole. L'idea di giocare con Ibra più due ali si è rivelata non felice sia perchè penalizzava il gioco di Ibra, sia perchè le due ali scelte dal tecnico non hanno avuto il giusto impatto nell'ambiente interista. Oggi la squadra base dell'Inter ricalca quella del triennio maniciniano. Dal punto di vista degli uomini la squadra è la stessa, se si eccettua Vieira che, causa infortuni, ha perso il posto a beneficio di Muntari. Di diverso rispetto all'Inter di Mancini c'è la posizione in campo di Cambiasso, molto più bloccato a protezione della difesa, limitatissimo nelle sue incursioni offensive, rappresenta oggi il giocatore che garantisce il giusto equilibrio tra la fase difensiva e quella offensiva. LE chiavi del gioco dell'Inter sono Maicon e Ibrahimovic, veri e propri registi del gioco nerazzurro.
Non avendo infatti un regista vero, l'Inter basa su questi due elementi il suo gioco. Le incursioni di Maicon, unite al genio di Ibra sono le due variabili pazze di una squadra che fa della fisicità la sua forza ma che non brilla particolarmente per talento e inventiva.
Se l'Inter fosse riuscita a prendere Lampard questa estate il meccanismo della squadra di Mourinho avrebbe oggi un'arma in più e avrebbe una imprevedibilità e una pericolosità nettamente maggiori. Questa squadra infatti sembrava creata apposta per giocare con Lampard incursore, stante anche l'assenza di una vera e propria prima punta da 20 gol a stagione.
Noi contro di loro dovremmo a mio parere riuscire a stare molto corti in campo, accettare l'idea che ci saranno momenti della partita in cui il ritmo sarà altissimo, ma essere capaci di gestire noi il ritmo della partita visto che abbiamo dei palleggiatori migliori dei loro.
Far partire Pato largo a sinistra può essere un'idea, per sfruttare il ribaltamento di fronte sulle sovrapposizioni di Maicon, così come un'altra idea potrebbe essere quella di far giocare Pippo dall'inizio per farlo giocare sul filo del fuorigioco, soprattutto se dovessero giocare centrali Samuel e Materazzi. Sui calci piazzati loro sono nettamente avvantaggiati. Basti contare i loro saltatori e i nostri. Abbiati dovrà uscire molto sui corner e Ambro potrebbe essere dirottato in marcatura su uno dei loro centrali invece che stare a zona come accade di solito. E' dura, molto dura, ma non partiamo battuti in partenza. Non sarebbe da diavoli!

----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 06/02

Dopo la convincente vittoria con la Lazio, l'impegno con la Reggina appare, sulla carta, una banale formalità.
Così non sarà però, in quanto la Reggina è si ultima in classifica, ma metterà in campo tutta la grinta e l'orgoglio di chi è disposto a vendere cara la pelle, magari a retrocedere, ma senza regalare nulla a nessuno.
La Reggina è una squadra che gioca un calcio molto scolastico fatto più di cuore che di schemi.
Si difende con 5 difensori, tre centrali (tutti strutturalmente lenti) e 2 esterni che dovrebbero teoricamente accompagnare l'azione offensiva. Sia Krajcik che Costa però sono due terzini, discreti ma non in possesso del passo giusto per mettere in difficoltà gli avversari con le loro percussioni.
Il centrocampo amaranto si deve ancora avvalere dell'esperienza e della lucidità di Cozza, giocatore di classe ma non velocissimo, coperto ai lati dal dinamismo di Carmona e dalla forza di Barreto.
Proprio Barreto è, a mio avviso, il giocatore più importante del centrocampo amaranto. Un centrocampista completo, che sa fare entrambe le fasi, capace di inserirsi in area e in possesso di una gran tiro dalla distanza.
Corradi è il punto di riferimento avanzato della squadra che verrà assistito da Ceravolo o più probabilmente da DiGennaro.
Questa squadra ha un'organizzazione difensiva alquanto rivedibile e una fase offensiva ancora da inquadrare, stanti i ripetuti cambi in panchina della stagione. I concetti tecnici trasmessi dall'attuale allenatore sono basati su una difesa con nove uomini oltre la linea della palla e su una fase offensiva con al massimo 4 giocatori in trasferta.
E' una formazione con molti limiti ma che non dobbiamo sottovalutare perchè in possesso di doti agonistihe e caratteriali importanti.
Stante l'assenza di Pirlo per noi, credo che la soluzione migliore sia arretrare Seedorf nel ruolo di Andrea e di giocare con Kakà e due punte. Credo però che, alla fine, Ancelotti opterà per schierare Dinho, anche per evitare ulteriori voci incontrollate alimentate dalla stampa.

---------------------------------------------------------------------------------------------------
del 30/01

Milan-Genoa è una di quelle partite che ti lascia dentro sensazioni contrastanti.
Io credo che la partita sia stata preparata bene dal mister. In tutto il primo tempo il Genoa ha una sola vera occasione da gol. La squadra è ben messa in campo, le distanza tra i reparti sono giuste, attacchiamo la palla alta e siamo bravi a non dare punti di riferimento alla loro difesa col gran movimento di Kakà e Pato. Un gol, due traverse, alcune occasioni da gol, ma soprattutto una prestazione convincente sul piano della tenuta mentale.
Nel secondo tempo invece cambia qualcosa. Siamo un pò più timorosi perchè la tenuta fisica è ridotta.
Normale direi, visto che il mister ha riproposto gli stessi 11 di tre giorni prima a Bologna fatta eccezione per Senderos. Bisognava preventivarlo questo calo fisico ed essere pronti a gestirlo, magari con due cambi già dopo 10 minuti della ripresa.
Non ho condiviso assolutamente il cambio Pato-Dinho. Non si può togliere dal campo l'unica punta, che ti dà profondità e che punta sempre l'avversario, per fare entrare un giocatore come il Gaucho che vuole il pallone sui piedi e il cui gioco ha necessità dei movimenti dei compagni.
In quel momento, con quel cambio, ci siamo completamente consegnati al Genoa.
Il cambio Senderos-Seedorf l'ho trovato molto discutibile. Clarence andava sostituito certamente ma non con un difensore centrale. Cambiare i centrali difensivi infatti, nel momento in cui stavano giocando bene e avevano trovato le giuste contromisure su Milito, si è rivelata una scelta autolesionistica e incomprensibile.
Più corretto sarebbe stato a mio parere, l'inserimento di Antonini, un giocatore che ha gamba, che sa attaccare lo spazio e che poteva essere utilizzato sia come esterno di difesa che di centrocampo.
Il Genoa comunque ha dimostrato di essere una bella squadra, allenata da un allenatore molto preparato. Tanto di cappello a loro e sinceri complimenti. E onore anche a Milito, il mio centravanti ideale.

----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 23/01

Bologna-Milan passa nettamente in secondo piano rispetto a quello che è successo in questi giorni.
La vicenda Kakà può e deve insegnare qualcosa a tutti noi. Ed è un qualcosa che va al di là dell'affetto immenso e smisurato che avvolge questo giocatore.
Prendo spunto, volentieri, da un articolo di Arrigo Sacchi di ieri sulla Gazzetta dello Sport. In esso Sacchi faceva presente l'esigenza, ormai improcrastinabile per il Milan, di costruire la squadra su Kakà.
Io credo che si possano coniugare, assieme, due esigenze fondamentali per il Milan, ossia rinnovare la squadra di pari passo a un ridimensionamento del monte ingaggi.
Ciò che conta è avere in mente un progetto tecnico, di squadra, cucita addosso a Kakà e a Pato e che si sposi perfettamente con le loro caratterstiche.
Inutile ricordare che l'anno prossimo il nostro monte ingaggi si allegerirà degli stipendi di Maldini (fine carriera), Favalli ed Emerson (fine contratto). Se poi riuscissimo anche a piazzare Kalac e Dida sul mercato e magari a sacrificare Kaladze (troppo elevato uno stipendio da 4 milioni perun gocatore del suo livello). La somma, al lordo delle tasse, di questi ingaggi, fa circa 30 milioni di euro, guarda caso il nostro attuale disavanzo di bilancio...
Durante l'estate si è spesso parlato dell'eventuale acquisto di Adebayor per avere maggiore forza d'urto in avanti.
A mio parere la questione è sempre stata posta in maniera non corretta, limitandosi spesso a una valutazione approssimativa dei gol che il togolese avrebbe potuto fare con la nostra maglia.
Un approccio alla discussione di questo tipo cela in se medesimo i connotati della superficialità. Il problema del Milan non sta tanto nel numero dei gol che Adebayor può o potrebbe fare, quanto il cambiamento tecnico che il suo eventuale arrivo (o comunque di un giocatore con le sue caratteristiche) porterebbe in seno alla squadra.
Oggi il Milan è una squadra che per guadgnare metri ha bisogno di salire sempre coi terzini, cosa che provoca inevitabilmente degli squilibri di squadra, soprattutto quando siamo pressati alti. Inoltre la presenza di un attacco tutto tecnica e brio mette la squadra con le spalle al muro: o gioca bene oppure non vince.
In un campionato come quello italiano è necessario riuscire a vincere anche partite in cui non giochi bene se vuoi portare a casa lo scudetto. Per cui la palla lunga, il saltare il centrcampo, portare chili in area di rigore, rappresenta in varie occasioni un modo per strappare punti fondamentali nella corsa al vertice.
L'attuale capolista, l'Inter, non sta incantando per il gioco, ma nella sua classifica pesano tremendamente i due gol di Cruz e quello di Cordoba, contro Lecce, Udinese e Reggina nei minuti finali, tutti gol nati non con la manovra offensiva ma da situazioni di gioco inattive, con palla buttata in area di rigore nella speranza di far valere il propro peso e la propria altezza.
Attenzione, non sto dicendo che dobbiamo copiare l'Inter. Ogni squadra ha una propria fisionomia e un proprio Dna. Tuttavia ritengo si debba entrare nel'ottica che una soluzione di gioco altenativa e di sostanza come quella di avere un centravanti di sfondamento porterebbe dei benefici indubbi alla nostra squadra.
Non dobbiamo mettere da parte la tecnica, semmai dobbiamo avere più armi, da variare a seconda degli avversari. L'acquisto di Thiago Silva e quello di Mattioni sono valutabili positivamente sia per la qualità dei giocatori che per la loro età. Credo però che abbiamo ancora un ruolo scoperto, quello di centravanti, sul quale ci giochiamo molte delle nostre prospettive futuribili.

----------------------------------------------------------------------------------------------------
del 16/01

Kakà non ha prezzo!
Non è un'affermazione da tifoso innamorato. O meglio, sono un tifoso strainnamorato di Kakà ma quanto detto ha una sua logica razionale anche. Per quale motivo Kakà non ha prezzo? Si tratta di un giocatore insostitubile in quanto fuoriclasse unico, capace di far vincere le partite da solo alla sua squadra. Anche se lo vendi per cento milioni devi comunque porti il problema di sostituirlo.
Al mondo ci sono solo due giocatori che sono a lui accostabili, ossia Messi e Ronaldo.  Il primo è blindato, il secondo è già sulla via di Madrid. Motivo per cui se lo vendiamo non è reperibile sul mercato un giocatore pari a lui. Molti obietteranno che con cento milioni rinforzi la squadra. Alt!  Fermiamoci! Aver tanti soldi non significa fare gli acquisti che si vogliono. Proprio il Manchester City quest'estate avrebbe voluto comprare mari e monti e alla fine ha portato a casa soltanto Robinho.  Idem il Chelsea. Oggi chi ha i giocatori migliori se li tiene o se li vende cerca di ricavare il massimo.Non è conseguenziale che se hai cento milioni in mano automaticamente compri Buffon, Chiellini, Mexes, Fabregas, Adebayor e Benzema. Forse che l'affare Sheva non ha insegnato nulla agli addetti ai lavori.
All'atto della cessione tutti a dire che con 46 milioni in tasca facevamo uno squadrone...Beh mi pare che Etoo e Henry rimasero dove stavano. D'altronde se c'è un contratto non si può obbligare nessuno a vendere i propri giocatori...nemmeno con offerte folli.
E poi siete così convinti che il Milan abbia bisogno di chissà quali grandi acquisti? Se dovesse arrivare Agger la difesa per l'anno possimo è a posto. Al limite può arrivare anche un terzino sinistro, Dossena per esempio, ma a un prezzo contenuto. Abbiati poi merita la conferma come portiere titolare. A centrocampo potrebbe rientrare Gourcuff, che aggiunto a Seedorf, Flamini, Pirlo, Gattuso, Ambro e Jankulovsky mi sembra faccia un bel reparto. Al limite si può acquistare un altro giocatore tipo Pennant a parametro zero, per avere un'alternativa in più sulle fasce. In attacco è l'unico settore dove, a mio avviso, ci serve un centravanti, per il quale è necessaria una spesa importante. Ma stiamo parlando di un solo grande acquisto, non di 5-6. Kakà è insostituibile, anche perchè, oltre a tutte le considerazioni che ho finora esposto, il calcio non può essere ricondotto a meri numeri. Ai tifosi piace sognare,  piace affezionarsi ai propri campioni  e Kakà è ormai il simbolo del nostro Milan, una persona dalla quale siamo orgogliosi di farci rappresentare sia sul piano tecnico che soprattutto sul piano umano
-------------------------------------------------------------------------------------------------------
del 09/01

Ci aspetta una gara di campionato che è una classica di cartello della nostra serie A. Roma-Milan ha un suo fascino e una sua storia, sulla quale ci sarebbe da fare ore e ore di amarcord epici. Domenica sera invece, più che alcuni bei ricordi, sarà opportuno mettere in campo un animus pugnandi da trasferta. I numeri infatti, ci dicono che il nostro svantaggio dalla capolista si è accumulato tutto nelle gare esterne, con tre nette sconfitte e qualche pareggino di troppo. Due giorni fa, impccabilmente, Arrigo Sacchi faceva notare che il deficit di questo Milan è rappresentato da una carenza oggettiva di continuità agonistica, a supporto di una cifra tecnica forse unica nel paorma europeo. Non è un caso che tutte le sconfitte del Milan di questa stagione siano coincise con l'assenza di Gattuso dal campo. Gattuso però mancherà molto probabilmente fino alla fine di questa stagione e questa assenza richiederà al Milan una profonda riflessione sula sua genesi tecnica, sui suoi sbocchi futuribili e su una scelta precisa di disposizione tattica. La mia personale opinione è questa: perdendo noi un elemento chiave nel bilancamento della fase offensiva con quella difensiva, auspicherei un decentramento delle fonti del gioco. Fermo restando la difesa a quattro, possibilmente alta, giocherei con Ambrosini centromediano davanti alla difesa, con Pirlo dislocato sul cento-destra o sul centro-sinistra. Le ragioni di questa scelta sono molteplici. In primis Ambro garantirebbe maggiore copertura sui cross avversari e sui colpi di testa ( vera e propria nostra croce). Il suo lavoro dovrebbe essere simile a quello che svolgeva Emerson nella Juve di Capello, divenendo un centrale aggiunto nei momenti chiave della partita, cioè quando gli avversari portano maggiore pressione e assedio verso la nostra porta. In secondo luogo una scelta di questo tipo darebbe alla nostra manovra meno prvedibilità, soprattuto in certe partita in casa, con la possibilità di lternare Seedorf e Pirlo come interni del rombo. In trasferta però, stante l'assenza di Rino, credo sarà difficile poter rinunciare al doppio mediano. Una soluzione da me personalmente non amata, ma necessaria adesso fuori casa, perchè la perdita di un elemento chiave nella fase difensiva, determina degli squilibri forti. Le discese senza opposizione di De Ceglie a Torino ancora bruciano... Dunque credo che un Milan trasformista sia una soluzione valida in questi prossimi sei mesi. Una squadra che abbia Pirlo e Seedorf a centrocampo in casa (con Ambro dvanti alla difesa) ma che in trasferta invece opti per una soluzione più di sostanza, con la considerazione dovuta che va data alla presenza in organico di Flamini.
MD in all World's language
 
MD in your language
MD em sua língua
MD dans ta langue
MD en su lengua
MD in Ihrer Sprache
MD 在您的語言
MD in uw taal
MD στη γλώσσα σας
あなたの言語の MD
당신의 언어에 있는 MD
MD в вашем языке
MD i ditt språk
Visite in Archivio
 
 
Oggi ci sono stati già 4 visitatori (6 hits) qui!
Questo sito web è stato creato gratuitamente con SitoWebFaidate.it. Vuoi anche tu un tuo sito web?
Accedi gratuitamente